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Art. 18 -Pericolosità geomorfologica – I Piani di assetto idrogeologico (L183/89 )

18.1 .Il territorio della provincia di Pisa è compreso nei limiti amministrativi del Bacino del Fiume Arno, del Bacino Pilota del Fiume Serchio e in quelo del Bacino Regionale Toscana Costa (L.R.91/98) (TAV. Q.C.22a Limiti amministrativi di bacino)

18.2 In sede di primo adeguamento ai rispettivi piani di Bacino Stralcio di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) approvati, il P.T.C. assume nel proprio quadro conoscitivo e fa propri tutti gli elaborati e le discipline di ciascun piano ed in particolare:

  • - le elaborazioni cartografiche relative alle perimetrazioni delle aree a differente classe di pericolosità geomorfologica, con le aree da sottoporre a misure di salvaguardia
  • - le norme,
  • - le tavole degli interventi strutturali per la messa in sicurezza geomorfologica
  • - le schede degli interventi strutturali

18.3 Il P.T.C. promuove nei Piani Strutturali e negli atti di governo der territorio comunali e provinciali azioni e comportamenti tali da prevenire e comunque non aggravare lo stato di dissesto dei versanti, da aumentare l’efficienza idrogeologica del suolo, della copertura vegetale e quella idraulica della rete idrografica principale e minore.

Art. 19 Pericolosità idraulica -I piani di assetto idrogeologico (L183/89)

19.1 Il territorio della provincia di Pisa è compreso nei limiti amministrativi del Bacino del Fiume Arno, del Bacino Pilota del Fiume Serchio e in quelli del Bacino Regionale Toscana Costa (L.R.91/98), (TAV. Q.C 22a) Limiti amministrativi di bacino.

Il reticolo idraulico di riferimento ricadente in tale ambito è quello approvato dal Consiglio Regionale ai sensi dell’art. 22 comma 1 della LR 79/2012 e s.m.i., nella sua ultima versione al momento della consultazione. L’aggiornamento ufficiale è consultabile al seguente sito internet istituzionale della Regione Toscana: http://www.regione.toscana.it/-/consorzi-di-bonifica-individuazione-del-reticolo-idrografico-e-di-gestione

L’inserimento di un corso d’acqua nel richiamato reticolo idraulico comporta che lo stesso sia soggetto alle norme di tutela previste dal RD 368/1904, se classificato di bonifica, o del RD 523/1904 se non classificato di bonifica. Tale classificazione è desumibile dalla consultazione dell’elenco regionale

19.2 In sede di primo adeguamento ai rispettivi piani di Bacino Stralcio di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) approvati, il P.T.C. assume nel proprio quadro conoscitivo e fa propri tutti gli elaborati e le discipline di ciascun piano ed in particolare:

  • - le elaborazioni cartografiche relative alle perimetrazioni delle aree a differente classe di pericolosità idraulica, con le aree da sottoporre a misure di salvaguardia
  • - le norme,
  • - le tavole degli interventi strutturali per la riduzione del rischio idraulico
  • - le schede degli interventi strutturali

Per l’aggiornamento della relativa cartografia e delle norme vigenti in materia si rimanda ai siti internet istituzionali di cui si elencano gli indirizzi:

  • - Autorità di Bacino del Fiume Arno: http://www.adbarno.it/adb/
  • - Autorità di Bacino Pilota del Fiume Serchio: http://www.autorita.bacinoserchio.it/
  • - Autorità di Bacino Regionale Toscana Costa: http://www.regione.toscana.it/-/piano-di-bacino-bacino-regionale-toscana-costa-

19.3 Il P.T.C. promuove nei Piani Strutturali e negli atti di governo del territorio comunali e provinciali azioni e comportamenti tali da prevenire e comunque non aggravare lo stato di dissesto dei versanti, da aumentare l’efficienza idrogeologica del suolo, della copertura vegetale e quella idraulica della rete idrografica principale e minore.

Art. 20 Integrità degli acquiferi

20.1 Classi di vulnerabilità

20.1.1 I Comuni nel predisporre gli strumenti di pianificazione territoriale verificano ed approfondiscono le informazioni contenute nei successivi commi ed alla TAV.P.9;

20.1.2 La Tav. P.9 articola l’intero territorio interessato dalla disciplina dettata dal presente piano nelle seguenti classi e sottoclassi di vulnerabilità idrogeologica:

  • • classe 1 - vulnerabilità irrilevante: riguarda le aree in cui la risorsa idrica considerata non é presente, essendo i terreni praticamente privi di circolazione idrica sotterranea, per cui gli eventuali inquinanti raggiungono direttamente le vicine acque superficiali o ristagnano sul terreno; in essa ricadono a esempio i complessi marnosi e argillosi e alcuni complessi sedimentari metamorfosati;
  • • classe 2 - vulnerabilità bassa: corrisponde a situazioni in cui la risorsa idrica considerata é apparentemente non vulnerabile, in base a considerazioni riguardanti la natura degli eventuali acquiferi e quella dei terreni di copertura, ma per cui permangono margini di incertezza dovuti a diversi fattori, quali la scarsa disponibilità di dati, la non precisa definibilità delle connessioni idrogeologiche, e simili; corrisponde altres&igrave alle situazioni in cui sono ipotizzabili tempi di arrivo in falda superiori a 30 giorni; in essa ricadono corpi idrici multifalda caratterizzati dalla presenza di alternanze tra litotipi a diversa ma comunque bassa permeabilità non completamente definiti su base idrogeologica, terreni a bassa permeabilità sciolti o litoidi con pendenze superiori al 20 per cento o con piezometria media profonda, terreni alluvionali in vallette secondarie in cui non si rilevano indizi certi di circolazione idrica e con bacino di alimentazione caratterizzato in affioramento da litologie argilloso-sabbiose;
  • • classe 3 - vulnerabilità media:
    • • sottoclasse 3 a: corrisponde a situazioni in cui la risorsa idrica considerata presenta un certo grado di protezione, insufficiente tuttavia a garantirne la salvaguardia; in essa ricadono, nelle aree di pianura, le zone in cui sono ipotizzabili tempi di arrivo in falda compresi tra i 15 ed i 30 giorni, quali quelle interessate da falde libere in materiali alluvionali scarsamente permeabili con falda prossima al piano campagna, da falde idriche in materiali a medio-bassa permeabilità con piezometria depressa per cause naturali, da falde idriche spesso sospese attestate in terrazzi alluvionali non direttamente connessi con gli acquiferi principali ovvero in estesi corpi detritici pedecollinari, nonché, nelle aree collinari e montuose, le zone in cui affiorano terreni a bassa permeabilità e le zone interessate da falde freatiche attestate in complessi detritici sufficientemente estesi o con evidenze di circolazione idrica;
    • • sottoclasse 3 b: corrisponde a situazioni in cui la risorsa idrica considerata presenta un grado di protezione mediocre; in essa ricadono, nelle aree di pianura, le zone in cui sono ipotizzabili tempi di arrivo in falda compresi tra i 7 ed i 15 giorni, quali quelle interessate da falde libere in materiali alluvionali mediamente permeabili con livelli piezometrici prossimi al piano campagna, quelle di ricarica di acquiferi confinati a bassa permeabilità, quelle consistenti in terrazzi alluvionali antichi costituiti da litologie poco permeabili e direttamente connessi all'acquifero principale, quelle a permeabilità medio-alta ma con superficie freatica depressa per cause naturali, nonché, nelle aree collinari e montuose, le zone di affioramento di terreni litoidi a media permeabilità, le zone morfologicamente pianeggianti con affioramento di terreni sciolti di media permeabilità con sufficiente estensione e ricarica, le zone di alimentazione delle sorgenti di principale importanza emergenti da litologie poco permeabili;
  • • classe 4 - vulnerabilità elevata :
    • • sottoclasse 4a : corrisponde a situazioni in cui la risorsa idrica considerata presenta un grado di protezione insufficiente; in essa ricadono, nelle aree di pianura, le zone in cui sono ipotizzabili tempi di arrivo in falda compresi tra 1 e 7 giorni, quali quelle di ricarica di acquiferi confinati a media permeabiltà, quelle interessate da falde libere in materiali alluvionali molto permeabili con falda prossima al piano campagna, quelle consistenti in terrazzi alluvionali antichi costituiti da litologie molto permeabili e direttamente connessi all'acquifero principale, nonché, nelle aree collinari e montuose, le zone di affioramento di terreni litoidi altamente permeabili, le zone di affioramento di terreni sciolti a permeabilità elevata con sufficiente estensione e ricarica, le zone di infiltrazione in terreni a permeabilità medio-alta, le zone di alimentazione delle sorgenti di principale importanza emergenti da litologie mediamente permeabili;
    • • sottoclasse 4b : corrisponde a situazioni in cui la risorsa idrica considerata é esposta, cioè in cui si possono ipotizzare tempi estremamente bassi di penetrazione e di propagazione in falda di eventuali inquinanti; in essa ricadono zone di ricarica di acquiferi confinati ad alta permeabiltà, zone di alveo o di golena morfologicamente depresse nelle quali la falda é esposta o protetta soltanto da esigui spessori di sedimenti, zone nelle quali, per cause naturali o per azioni antropiche, si verifica un'alimentazione indotta con acque facilmente contaminabili delle falde freatiche o semiconfinate, zone interessate da rete acquifera in materiali carbonatici a carsismo completo ed altamente sviluppato, zone di alimentazione delle sorgenti di principale importanza emergenti da litologie molto permeabili, zone di cava con falda esposta nelle pianure alluvionali.

20.2 Livelli di rischio e relative disposizioni

20.2.1 La Tabella 1, posta in calce al presente articolo, che costituisce direttiva per la panificazione urbanistica comunale, attribuisce a ciascuna delle diverse considerate trasformazioni ed attività, teoricamente proponibili nell'intero territorio od in sue particolari componenti, un numero, espresso in caratteri romani, equivalente al livello di rischio idrogeologico che l’effettuazione della medesima trasformazione od attività comporta in relazione al suo interessare aree comprese in una delle definite classi di vulnerabilità. Il medesimo numero corrisponde alle limitazioni da porre all'effettuazione della trasformazione o dell'attività, ovvero alle cautele alle quali tale effettuazione deve essere, subordinata. Le disposizioni di cui al presente articolo specificano quanto disposto all’art.78 del vigente P.I.T.

20.2.2 I livelli di rischio idrogeologico, sono definiti nei seguenti termini:

  • • livello I - rischio irrilevante:
  • la trasformazione o l'attività é pienamente ammissibile, se non auspicabile, nei riguardi della vocazione riscontrata nelle parti di territorio interessate.
  • • livello II - rischio basso:
  • la trasformazione o l'attività é ammissibile, in relazione alle conoscenze disponibili, ma è richiesta verifica a livello locale.
  • • livello III - rischio medio/alto:
  • la trasformazione o l'attività é subordinata alle condizioni poste da una valutazione puntuale della vulnerabilità idrogeologica, al minimo conforme a quanto disposto ai commi, e quindi da un progetto sulla mitigazione dello stato di rischio accertato, tenuto conto anche delle caratteristiche della trasformazione o attività.
  • • livello IV - rischio elevato:
  • la trasformazione o l'attività oltrechè subordinata alle condizioni poste da una valutazione puntuale della vulnerabilità idrogeologica ancora conforme al minimo a quanto disposto al comma 3 e quindi da un progetto sulla mitigazione dello stato di rischio accertato, può essere definita ammissibile solamente ove si dimostri il permanere di fabbisogni altrimenti non soddifacibili, per insussistenza di alternative ovvero per la loro rilevante maggiore onerosità in termini di bilancio ambientale, economico e sociale complessiva.

20.2.3 La valutazione puntuale della vulnerabilità idrogeologica e conseguentemente la determinazione della concreta ammissibilità delle trasformazioni e delle attività alle quali è attribuito, in ragione del loro interessare aree comprese in una delle definite classi di pericolosità, i numeri equivalenti ai livelli III - rischio medio/ alto e IV - rischio elevato, deve conseguire da uno studio idrogeologico di dettaglio, esteso ad un significativo intorno dell'area interessata, contenente al minimo:

  • - valutazione del parametro propagazione: identificazione, localizzazione e valutazione quantitativa della prima risorsa significativa (parametro trasmissività T>10E-5 mq/sec), attraverso la sua caratterizzazione geometrica e il calcolo dei parametri idrogeologici dell'acquifero, incluse le condizioni di separazione da acquiferi diversi; la procedura prevede il censimento dei pozzi e l'esecuzione di prove a portata costante;
  • - valutazione del parametro penetrazione ed abbattimento: caratterizzazione idrogeologica della copertura satura ed insatura effettuabile attraverso l'esecuzione di prospezioni geomeccaniche e geofisiche, nonché di prove di permeabilità in sito;
  • - valutazione del parametro infiltrazione: caratterizzazione clivometrica dell'area ed individuazione delle aree di ricarica dell'acquifero;
  • - verifica quantitativa della vulnerabilità dell'acquifero in relazione ai tempi di arrivo che individuano le classi e le sottoclassi di vulnerabilità, tenendo conto dei parametri di infiltrazione, penetrazione e propagazione, precedentemente determinati, nonché delle alterazioni in regime dinamico indotte da nuovi pozzi.

20.2.4 Sono comunque ammissibili e non soggetti alla verifica puntuale della vulnerabilità idrogeologica gli interventi di tipo conservativo che non comportino nuovi apporti o modifiche dello stato di fatto in merito allo stoccaggio, produzione e smaltimento dei reflui e in ogni caso di sostanze potenzialmente inquinanti le acque.

Le note che seguono la Tabella 1, e che rinviano ad alcune delle relative caselle, specificano, in relazione alle particolari fattispecie interessate, quali siano le linee guida di intervento per la mitigazione dello stato di rischio.

20.2.5 Per le misure di tutela delle acque minerali di cui alla Tav.Q.C.13 si rinvia alla legislazione vigente in materia. La provincia, in ottemperanza alla legislazione vigente., nella tav QC13 individua le zone di protezione ambientale della risorsa idrica minerale, di sorgente e termale, costituite dagli ambiti dei bacini imbriferi relativi alle aree di ricarica delle falde.

Tabella 1 - vulnerabilità idrogeologica e relativi livelli di rischio 3

Trasformazioni ed attivitàclassi e sottoclassi di vulnerabilità
123a3b4a4b
Interventi sui manufatti esistenti nei nuclei urbani
storici ed assimilati (espansioni urbane consolidate,
insediamenti di interesse storico non urbani, altre
unità di spazio di interesse storico)
IIIII(a)III(a) III
Interventi di nuova edificazione od equivalenti nei
nuclei urbani storici ed assimilati (espansioni urbane
consolidate, insediamenti di interesse storico non
urbani, altre unità di spazio di interesse storico)
IIII(a) III(a)III(b) IV
Interventi sui manufatti esistenti nelle espansioni
periferiche
IIIIII(a) III(a) III
Interventi di nuova edificazione od equivalenti nelle
espansioni periferiche
IIIII(a) III(a) III(b) IV
Nuove urbanizzazioniIIIII(c) III(c) IVN.F.
Nuove edificazioni ed ampliamenti di manufatti per
la produzione di beni
IIIIII(d) III(e) III/IVN.F.
Ristrutturazioni di manufatti per la produzione di
beni
IIIIIII(d) III(d) III
Attività estrattiva di cavaIIIIII(f) III/IV(f) III/IVN.F.
Nuove edificazioni ed ampliamenti di depositi di
esplosivi
IIII(f) III(f) IIIN.F.
Ristrutturazioni di depositi di esplosiviIIIIIII(g) III(g) III
Realizzazioni ed ampliamenti di depositi di rottamiII(g) IIIIVN.F.N.F.
Ristrutturazioni di depositi di rottamiIIII(f) III(f) IIIIV
Interventi sui manufatti esistenti privi di interesse
storico in territorio non urbano
IIIII(a) III(a) III
Nuove edificazioni di manufatti in territorio non
urbano
IIIIIII(a) III/IVN.F.
Ordinaria coltivazione del suoloIIIIII(h)III(h)III
Attività silvo-colturaliIIIII(h) III(h) III
Realizzazioni ed ampliamenti di manufatti edilizi
costituenti attrezzature pubbliche o per l’uso
collettivo
IIIIIIIII(b) IVN.F.
Ristrutturazioni di manufatti edilizi costituenti attrezzature pubbliche o per l’uso collettivoIIIIIIII(a) III(a) III
Realizzazioni ed ampliamenti di cimiteriIIIIIIIVN.F.N.F.
Nuove edificazioni ed ampliamenti di centrali
termoelettriche, geotermoelettriche, turbogas e
assimilati
IIIIIVN.F.N.F.
Ristrutturazioni di centrali termoelettriche,
geotermolettriche, turbogas e assimilati
IIIIII(g) III(g) III
Nuove edificazioni ed ampliamenti di distributori di
carburante
III(g) IIIIVN.F.N.F.
Ristrutturazioni di distributori di carburanteIIIIIII(g) IIIIV
Realizzazioni ed ampliamenti di impianti di
depurazione
IIIIIIIVN.F.N.F.
Ristrutturazioni di impianti di depurazioneIIIIIII(f) IIIIV
Realizzazioni ed ampliamenti di discariche per inerti
(II categoria tipo A)
IIIIIIIIIVN.F.
Ristrutturazioni di discariche per inerti (II categoria
tipo A)
IIIIIIIIIIIV
Realizzazioni ed ampliamenti di discariche per
rifiuti solidi urbani e speciali assimilati (I categoria e
II categoria tipo B)
IIIIVN.F.N.F.N.F.
Ristrutturazioni di discariche per rifiuti solidi urbani
e speciali assimilati (I categoria e II categoria tipo
B)
IIIIIII(i) III(i) III
Realizzazioni di parcheggiIIIIIIIIIIIV
Realizzazioni della rete tecnologica (oleodotti,
gasdotti, fognature ed altre opere non interrate)
IIIIIIII(l) IV(l) IV
Realizzazioni della rete tecnologica (elettrodotti,
vapordotti ed altre opere interrate)
IIIIIIIIII(l) IV
Risistemazioni della rete tecnologica (oleodotti,
gasdotti, fognature e simili)
IIIIIIIIIIII
Realizzazioni della rete viaria e ferroviariaIIIIIIIIII(l) IV
Risistemazioni della rete viaria e ferroviariaIIIIIIIIIII
Realizzazioni di nuovi pozzi per acquaIIIIIIIIIII

Note

(a) Ogni trasformazione di edifici soggetta a provvedimento abilitativo é subordinata all'allacciamento dell'edificio interessato alla pubblica fognatura dinamica, ove tale allacciamento non preesista. Qualora l'insediamento non sia servito da pubblica fognatura dinamica, la realizzazione di quest'ultima è assolutamente prioritaria rispetto alla realizzazione di qualsiasi altra opera pubblica interessante l'insediamento medesimo. Ove e sino a quando l'insediamento non sia servito da pubblica fognatura dinamica, lo smaltimento dei reflui degli edifici deve avvenire in pozzi neri a tenuta stagna, essendo precluso, oltre allo scarico libero nel suolo o nel sottosuolo, con dispersione mediante sub-irrigazione, dispersione mediante pozzi assorbenti, percolazione mediante sub-irrigazione con drenaggio, anche lo smaltimento in vasche settiche sia di tipo tradizionale che di tipo Imhoff.

(b) Le trasformazioni sono ammissibili qualora si tratti di completamenti urbanizzativi ed edificatori del territorio urbanizzato, a condizione che la loro effettuazione produca un consistente miglioramento della situazione presente di potenziale vulnerazione delle risorse idriche, quale la realizzazione di una pubblica fognatura dinamica, con recapito finale dei reflui in impianto di depurazione, a servizio non soltanto del nuovo insediamento, ma anche dei viciniori insediamenti che ne difettino.

(c) Ferme restando le verifiche da compiere ai sensi delle norme generali, l'eventuale nuovo insediamento è servito da pubblica fognatura dinamica, con recapito finale dei reflui in impianto di depurazione. E’ dettata una disciplina che minimizzi l'impermeabilizzazione dei suoli.

(d) Ferme restando le verifiche da compiere ai sensi delle norme generali, le trasformazioni sono subordinate all'esistenza od alla realizzazione di un idoneo impianto di depurazione dei reflui, con scarico dell'effluente dell'impianto nella pubblica fognatura dinamica, ovvero in un corpo idrico superficiale, a norma delle vigenti relative disposizioni. Le trasformazioni sono altres&igrave subordinate all'esistenza od alla realizzazione di idonee opere di impermeabilizzazione della pavimentazione, e di raccolta dei liquidi, anche meteorici, di scolo, relativamente agli spazi, coperti e scoperti, suscettibili, per l'uso cui siano adibiti, di produrre scolo di liquidi inquinanti.

(e) Ferme restando le verifiche da compiere ai sensi delle norme generali, si ha livello IV - rischio eccessivo, per quelle aree dove sono previste trasformazioni che presentano un alto grado di pericolosità dell'intervento sotto il profilo del rischio di inquinamento, e si ha livello III - rischio medio/elevato, per quelle aree dove sono previste trasformazioni che presentano un ridotto rischio di inquinamento.

(f) Si ha livello IV - rischio eccessivo, nelle aree di pianura, livello III - rischio medio/elevato, nelle altre aree, per le quali la fattibilità delle trasformazioni e delle attività é condizionata dai risultati derivanti da studi idrogeologici atti a definire la presenza di sorgenti ed a delimitarne l'area di alimentazione al fine di escludere ogni possibile interferenza negativa con la circolazione idrica sotterranea.

(g) Ferme restando le verifiche da compiere ai sensi delle norme generali, le trasformazioni sono subordinate all'esistenza od alla realizzazione di idonee opere di impermeabilizzazione della pavimentazione, e di raccolta dei liquidi, anche meteorici, di scolo, relativamente agli spazi, coperti e scoperti, suscettibili, per l'uso cui siano adibiti, di produrre scolo di liquidi inquinanti.

(h) Occorre individuare forme per inibire, o fortemente limitare, per quanto consentito dalle vigenti disposizioni, l'uso di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti chimici, nonché lo spandimento agronomico dei liquami, nonché la zootecnia di carattere industriale, che comportino rischi di inquinamento.

(i) Sono ammissibili gli interventi di tipo conservativo espressamente finalizzati anche alla eliminazione o mitigazione del livello di rischio; essi devono avere caratteristiche tali da assicurare la massima attingibile protezione delle risorse idriche sotterranee.

(l) Sono fatti salvi gli attraversamenti delle aree interessate.

  • 3
    • • livello I - rischio inesistente
    • • livello II - rischio basso
    • • livello III - rischio medio/alto
    • • livello IV - rischio elevato
    • • N.F. - rischio eccessivo - non fattibile

Art. 21 Il paesaggio

21.1 Sistemi e sottosistemi provinciali di paesaggio

21.1.1 In attesa che la Regione definisca il piano paesaggistico ai sensi del D.lgs.n.42/2004 e succ, mod integrazioni, il P.T.C., sulla base delle componenti più significative del paesaggio provinciale in relazione alle risorse naturali e alla compresenza di fattori antropici, sia sparsi che concentrati, distingue i seguenti sistemi e sottosistemi di paesaggio:

* Aree di pianura caratterizzate da:

  • - il paesaggio urbano per gli insediamenti urbani prevalentemente residenziali e produttivi e per servizi;
  • - il paesaggio costiero (ambito del Parco Naturale di M.S.R.M.);
  • - il paesaggio fluvio lacuale e delle aree umide;
  • - il paesaggio dalla bonifica agricola;
  • - il paesaggio agricolo ordinario ;

* Monti Pisani caratterizzati da:

  • - il sistema insediativo (pedemontano, di crinale, di valle, sparso);
  • - il paesaggio boschivo;
  • - il sistema a colture arboree su gradoni e terrazzamenti;
  • - i pascoli e le aree di crinale
  • - il paesaggio delle cave di calcare dismesse e delle grotte;
  • - il paesaggio fluviale vallivo o lacuali ed aree umide;
  • - la gariga;

* Aree Collinari caratterizzate da:

  • - il sistema insediativo (pedemontano, di crinale, di valle, sparso);
  • - il paesaggio boschivo;
  • - il paesaggio a prevalenza di colture arboree (oliveti, frutteti, vigneti);
  • - il paesaggio a prevalenza di seminativo estensivo;
  • - il paesaggio a pascolo naturale;
  • - il paesaggio caratterizzato da formazioni calanchive;
  • - il paesaggio fluviale vallivo o lacuali ed aree umide di collina;
  • - il paesaggio della geotermia;

Come rappresentate nella Tav. P.10

21.1.2 I Comuni nel predisporre il quadro conoscitivo per il piani strutturali possono, in relazioni alle peculiarità del proprio territorio, identificare altri subsistemi di paesaggio, per i quali dettano le opportune discipline volte a preservarne ed a valorizzarne i caratteri e la fruibilità.

Art. 22 Il paesaggio della costa - le aree di paesaggio fluvio lacuale – il paesaggio della bonifica

22.1 Il paesaggio della costa

Le aree di paesaggio costiero ricadono tutte nell’ambito del Parco naturale di Migliarino S.Rossore e Massaciuccoli per cui gli elementi naturali (dune o tomboli e cotoni, vegetazione dunale, zone boscate di interduna, zone di interduna a vegetazione alofila, e aree di rimboschimento a pino marittimo ed a pino domestico) e le aree interessate dalle strutture balneari e turistiche e dalle grandi strutture collettive (colonie di Tirrenia - Calambrone) trovano specifico riferimento per la tutela e la valorizzazione nelle specifiche discipline dei piani di gestione delle singole tenute del Parco.

22.2 Le aree di paesaggio fluvio-lacuale

Le aree di paesaggio fluvio-lacuale comprendono:

  • - le zone di tutela dei caratteri ambientali e paesaggistici di corsi d’acqua e bacini, coincidenti con le aree a maggiore vulnerabilità idrogeologica e interessanti per la ricarica delle falde idriche e per la conservazione dei caratteri del paesaggio fluvio – lacuale e la funzione ecologica;
  • - le zone umide.

Esse sono individuate nelle Tavv. P.7, e P.10.

I Piani Strutturali, nella redazione del quadro conoscitivo, individueranno le aree di paesaggio fluvio-lacuale, a scala adeguata, anche modificando la perimetrazione della Tavv. P.7, e P.10.

, con adeguata motivazione, derivante da appropriate indagini di carattere idrogeologico.

22.2.1 Le zone di tutela dei caratteri ambientali e paesaggistici di corsi d’acqua e bacini

22.2.1.1. Ferme restando le limitazioni derivanti dall’applicazione dell’art.20, la pianificazione comunale può localizzare nelle zone di tutela dei caratteri ambientali e paesaggistici di corsi d'acqua e bacini:

  • a) strade, impianti a rete e puntuali per l’approvvigionamento idrico e per le telecomunicazioni, impianti a rete per lo smaltimento dei reflui, sistemi tecnologici per il trasporto dell’energia;
  • b) percorsi e spazi di sosta pedonali e per mezzi di trasporto non motorizzati;
  • c) parchi le cui attrezzature siano amovibili o precarie, con l'esclusione di ogni opera comportante impermeabilizzazione di suoli;
  • a) sistemazioni a verde, anche alberato, destinabili ad attività di tempo libero;
  • b) corridoi ecologici.

22.2.1.2. Nelle zone di tutela dei caratteri ambientali e paesaggistici di corsi d’acqua e bacini è ammessa esclusivamente:

  • a) la realizzazione delle eventuali determinazioni pianificatorie sovracomunali, aventi efficacia immediatamente operativa, e conformi a ogni relativa disposizione delle leggi e degli atti amministrativi, nonché delle eventuali determinazioni pianificatorie comunali;
  • b) le trasformazioni dei manufatti edilizi esistenti rientranti nelle definizioni di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria;
  • c) qualsiasi altra trasformazione dei manufatti edilizi esistenti che sia definita ammissibile dagli strumenti di pianificazione comunali afferenti le componenti territoriali di cui al presente articolo, e conformi alle disposizioni delle presenti norme;
  • d)opere pubbliche compatibili
  • e) l’ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l’attività di allevamento, quest’ultima esclusivamente in forma non intensiva qualora di nuovo impianto, nel rispetto delle condizioni di cui al Titolo II CapoII artt. 63.2, 63.3 delle presenti norme, nonché la realizzazione di strade poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a quattro metri lineari;
  • f) la realizzazione di infrastrutture di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica e simili, nonché le attività di manutenzione e di esercizio delle predette opere;
  • g) la realizzazione di impianti tecnici di modesta entità, quali cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate dalla necessità di migliorare la gestione e la tutela dei beni forestali interessati, di punti di riserva d’acqua per lo spegnimento degli incendi, nonché le attività di manutenzione e d’esercizio delle predette opere.

22.2.1.3. Le opere di cui alle lettere a), f) e g), nonché le strade poderali ed interpoderali di cui alla lettera e), del comma precedente, non devono in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densità tali per cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l’assetto idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico dei contesti territoriali interessati. Le piste di esbosco e di servizio forestale, nonché le strade poderali e interpoderali, non devono essere asfaltate, né pavimentate con altri materiali impermeabilizzanti, né costituire ostacolo al deflusso delle acque. Tutte le trasformazioni di cui al comma precedente devono in ogni caso assicurare la massima conservazione delle esistenti orditure dei campi e dei segni significativi dell'evoluzione idrica del territorio, nonché la manutenzione della rete scolante principale. Per una fascia minima di 10 metri lineari dagli alvei e invasi di piena ordinaria dei corsi d'acqua e bacini naturali è vietata la nuova edificazione dei manufatti edilizi puntuali di cui alle lettere e) e g) del comma precedente.

22.2.1.4. Nelle zone di tutela dei caratteri ambientali e paesaggistici di corsi d’acqua e bacini, salvo che nelle aree suscettibili di essere investite da correnti veloci in caso di esondazione, é favorita la piantumazione con essenze arboree, ai fini di realizzare un assetto vegetazionale stabile del quale siano sottolineate le caratteristiche legate al rapporto con l’acqua, programmando ambiti soggetti a tagli alternativi, e ambiti con essenze più pregiate da mantenere permanentemente in sito, anche quali corridoi ecologici.

22.2.1.5 Relativamente alle zone di tutela dei caratteri ambientali e paesaggistici di corsi d'acqua e bacini, la Provincia e i Comuni, per quanto di competenza, adeguano i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti disposizioni:

  • a) l’uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri, le strade poderali ed interpoderali, le piste di esbosco e di servizio forestale, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, e all’esecuzione delle consentibili trasformazioni fisiche di immobili, nonché per l’esercizio e l’approvvigionamento dei manufatti, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, e altres&igrave per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi e in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
  • b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di esbosco e di servizio forestale, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
  • c) può altres&igrave essere disposta l'installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto
  • d) sono autorizzati al transito i mezzi motorizzati per la manutenzione idraulica, il controllo del territorio da parte della sorveglianza idraulica e dei tecnici degli enti preposti alla gestione e manutenzione del sistema idrografico del territorio;

22.2.1 Le zone umide

22.2.2.1. Le zone umide sono puntualmente disciplinate da strumenti di pianificazione, (e in alcuni ambiti, dalla normativa nazionale regionale sulle aree protette), relativi in ogni caso almeno all'intero territorio di ognuna delle predette zone, e da altri atti amministrativi attinenti il governo del territorio, regionali, provinciali o comunali, in vista della conservazione del suolo, del sottosuolo, delle acque, della flora e della fauna e del massimo opportuno e possibile ripristino di condizioni di naturalità, attraverso il mantenimento o la ricostituzione delle predette componenti e di adeguati equilibri tra di essi, nonché attraverso il mantenimento o la reintroduzione di attività produttive primarie compatibili e una controllata fruizione collettiva per attività di studio, di osservazione, escursionistiche e ricreative.

22.2.2.2. Gli strumenti e gli atti di cui al comma 1 definiscono tra l’altro:

  • a) gli interventi e le attività finalizzate alla conservazione o al ripristino delle componenti naturali e dei relativi equilibri;
  • b) le infrastrutture e le attrezzature finalizzate alla vigilanza e alla fruizione collettiva delle predette componenti, quali percorsi e spazi di sosta, individuando quelli eventualmente utilizzabili da mezzi di trasporto motorizzati, ricoveri e simili, nonché i limiti e le condizioni della predetta fruizione;
  • c) le trasformazioni ammissibili dei manufatti esistenti, ove i medesimi non debbano essere demoliti a scopi ripristinatori essendo privi di interesse storico;
  • d) l'eventuale esercizio dell'ordinaria utilizzazione del suolo a scopo colturale o delle attività itticole comunque in forme non intensive;
  • e) le infrastrutture strettamente necessarie allo svolgimento delle attività di cui alla lettera d), individuando i percorsi e gli spazi di sosta eventualmente utilizzabili da mezzi di trasporto motorizzati, e dettando per questi ultimi le disposizioni volte a garantire le opportune limitazioni e regolamentazioni dell'utilizzazione da parte di tali mezzi di trasporto.

22.2.2.3. La nuova realizzazione delle infrastrutture e delle attrezzature di cui alla lettera a) del comma 2 deve essere compatibile con le finalità di conservazione, strettamente necessaria alle funzioni di vigilanza ovvero alla tutela dei fruitori, e i manufatti esistenti, di cui non si debba prevedere la demolizione a scopi ripristinatori, essendo privi di interesse storico, siano assolutamente insufficienti.

22.2.2.4. Degli elementi della rete viaria esistenti e confermati, o eventualmente previsti, non deve essere consentita l'asfaltatura, né la pavimentazione con altri materiali impermeabilizzanti.

22.2.2.5. E’ promossa, anche nelle parti di territorio dove non sia eventualmente prescritta, la cessazione temporanea o definitiva della coltivazione dei terreni, per ripristinare assetti naturali preesistenti, o comunque per favorire il riformarsi della vegetazione spontanea per finalità di tutela naturalistico-ambientale, o di tutela dell’integrità fisica del territorio, o di attenuazione dell’intensità di sfruttamento colturale dei suoli.

22.2.2.6. L’evoluzione dell’ordinaria utilizzazione del suolo a fini colturali, laddove quest’ultima sia prevista, è orientata al recupero e alla riproposizione delle regole conformative tradizionali, sulla base di criteri scientifici. A tal fine sono promossi:

  • a) il mantenimento e il ripristino di forme tradizionali di associazione riproduttiva;
  • b) le produzioni finalizzate alla qualificazione paesistico-ambientale;
  • c) la piantumazione con elementi vegetali autoctoni o tradizionali;
  • d) il passaggio a tecniche colturali di tipo biologico;
  • e) la progressiva diminuzione e il tendenziale annullamento dell’utilizzo di fertilizzanti, antiparassitari, antinfestanti, e simili, derivati da processi di sintesi chimica;
  • f) l'utilizzazione della lotta integrata ai parassiti ed agli agenti infestanti, privilegiando in essa le componenti naturali;
  • g) l'utilizzo di concimi di origine prevalentemente vegetale, e il ricorso alla distribuzione agronomica del letame e dei liquami zootecnici, nei limiti dei carichi sopportabili in relazione alle esigenze di tutela delle componenti naturali e dei relativi equilibri;
  • h) le successioni colturali.

22.2.2.7. Relativamente alle zone di cui al presente articolo, la Provincia e i Comuni, per quanto di competenza, adeguano i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti disposizioni:

  • a) l’uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri e le strade poderali e interpoderali, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, e all'esecuzione delle consentibili trasformazioni fisiche di immobili, nonché per l'esercizio e l’approvvigionamento dei manufatti qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, e altres&igrave per l’espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, e in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
  • b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri e nelle strade poderali ed interpoderali è reso noto al pubblico mediante l’affissione di appositi segnali;
  • c) può essere altres&igrave disposta l’installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.
  • d) sono autorizzati al transito i mezzi motorizzati per la manutenzione idraulica, il controllo del territorio da parte della sorveglianza idraulica e dei tecnici degli enti preposti alla gestione e manutenzione del sistema idrografico del territorio;

22.2.2.8. Nelle zone di cui al presente articolo non possono in alcun caso essere previsti e consentiti:

  • a) l’esercizio di attività suscettibili di danneggiare gli elementi geologici o mineralogici;
  • b) l'asporto di materiali ed i movimenti di terra che non siano strettamente finalizzati a interventi di ripristino ambientale;
  • c) la raccolta, l’asportazione, il danneggiamento degli esemplari autoctoni floristici spontanei e faunistici selvatici, salvi gli eventuali interventi mirati di prelievo selettivo, effettuati dai soggetti competenti;
  • d) l’introduzione in qualsiasi forma di specie vegetali spontanee e animali selvatiche non autoctone.

22.3 Il Paesaggio della bonifica

22.3.1 Corrisponde, per lo più ad aree di pianura nelle quali si è conservata la trama fondiaria della bonifica, caratterizzata dal reticolo infrastrutturale idraulico e viario, dalle opere puntuali e manufatti idraulici e rurali, dalla tessitura dei campi, solitamente stretti e lunghi, quando derivanti da sistemazioni ottocentesche, o irregolari a mosaico, quando dovute a sistemazioni idrauliche precedenti o in relazione ad assetti morfologici più complessi.

22.3.2 Gli strumenti urbanistici comunali dovranno definire apposite discipline atte a garantire il mantenimento della forma dei campi, il buon funzionamento della rete scolante, la conservazione delle piantate di carattere strutturale, dei filari di alberi, delle strade poderali e del patrimonio edilizio esistente .

22.3.3I Comuni interessati, d’intesa con la Provincia, potranno promuovere altres&igrave presso i soggetti competenti interventi coordinati finalizzati a migliorare le condizioni di naturalità delle aree agricole mediante la messa a dimora di siepi e macchie di campo, nonché a migliorare le condizioni di fruibilità ciclo-turistica delle strade poderali, anche mediante la piantumazione di siepi e filari di alberi . Tali interventi potranno essere realizzati nel rispetto delle fasce di terreno lungo i canali (da 4 a 10 m in base alle caratteristiche del canale) che devono essere lasciate libere per la manutenzione degli alvei (arginati o meno).

22.3.4 I soggetti competenti alla manutenzione della vegetazione ripariale lungo i canali della bonifica dovranno garantire la conservazione delle specie tutelate dalla L.R.56/2000 e programmare tagli alternativi della vegetazione tra le due sponde, o soluzioni alternative di pari efficacia, al fine mitigarne gli effetti negativi per la fauna. I criteri di rispetto della vegetazione ai fini della tutela ambientale sono subordinati alle esigenze di sicurezza idraulica, ovvero di riduzione del rischio di allagamenti e ristagni.

Art. 23 I crinali e il paesaggio dei pascoli e arbusteti dei crinali – il paesaggio a prevalenza di colture arboree su gradoni e terrazzamenti – il paesaggio a prevalenza di seminativi estensivi

23.1 I crinali e il paesaggio dei pascoli e arbusteti dei crinali

23.1.1 La pianificazione sovracomunale approfondisce e specifica il sistema dei crinali quale sistema di riferimento e di connotazione paesistico-ambientale per la pianificazione paesaggistica comunale. Il sistema dei crinali comprende i crinali principali, che delimitano i bacini idrografici e specifici ambiti di rilevanza ambientale, paesaggistica e percettiva;

23.1.2 Nel sistema dei crinali sono ammessi gli impianti a rete per il trasporto dell’energia , a condizione che non interferiscano con corridoi individuati come rotte migratorie, ai sensi della L.157/1992 sulla protezione della fauna omeoterma, ancorché non rappresentati alla Tav.P.14;

Sono altres&igrave consentite le opere per la prevenzione e difesa dagli incendi e gli interventi edilizi fino alla ristrutturazione edilizia di edifici esistenti.

Nuove opere edilizie per il fabbisogno abitativo o per annessi dei conduttori delle imprese agricole, ove ammesse dagli strumenti urbanistici, dovranno mantenere la linea di massimo colmo delle coperture almeno 15,00 metri al disotto della quota minima del tratto di crinale di appartenenza interessato.

23.1.3 Ove le aree di crinale siano coperte da vegetazione boschiva, valgono le disposizioni contenute agli Artt.28, 29 e 30 delle presenti norme.

23.1.4 Laddove le aree di crinale siano invece caratterizzate da pascoli ed arbusteti, gli strumenti urbanistici comunali dovranno perimetrare tutti i terreni coperti da praterie e contenere discipline mirate alla conservazione delle siepi coincidenti con le linee degli impluvi, degli alberi isolati o a gruppi, delle siepi alberate lungo le strade di antica formazione, al mantenimento della cotica erbosa, con la finalità di contrastare la banalizzazione in atto del paesaggio.

23.2 Il paesaggio collinare a prevalenza di colture arboree su gradoni e terrazzamenti (oliveti, frutteti, vigneti)

23.2.1 Gli strumenti urbanistici comunali individuano i tessuti agrari con colture arboree disposte su terrazzamenti e corrispondenti di solito a terreni a maglia fitta, localizzati in stretto rapporto di contiguità e di integrazione paesaggistica con il sistema insediativo di antica formazione, del quale costituiscono componente strutturale e documentaria degli assetti originari.

23.2.2 Gli strumenti urbanistici comunali detteranno specifiche disposizioni al fine di tutelare le sistemazioni a terrazzamenti e le colture, incentivando il recupero degli uliveti abbandonati, dei muri a secco e dei sentieri poderali ed interpoderali, dei manufatti edilizi ,in applicazione di quanto contenuto all’Art. 25.

23.3 Il paesaggio collinare a prevalenza di seminativi estensivi

Corrispondono ad aree collinari nelle quali si è verificato un processo di accorpamento dei campi con la modificazione della maglia scolante originaria, l’estensivizzazione delle colture agrarie, la eliminazione delle presenze arboree ed arbustive, determinando un impoverimento degli habitat e del paesaggio.

Per questo tipo di aree, si dovrà perseguire

  • -la conservazione delle alberature, dei filari , delle siepi esistenti
  • -l’introduzione di siepi
  • -il ripristino della rete scolante .

Art. 24 -Il paesaggio della geotermia – il paesaggio caratterizzato da formazioni calanchive

24.1 Il paesaggio della geotermia

24.1.1 Ricadono in questo ambito i territori dei Comuni di Castelnuovo V.C, Pomarance, Monteverdi M.mo, e solo una piccola parte di Montecatini V.C.e, storicamente caratterizzati dalla presenza di attività minerarie e, da un secolo a questa parte, dall’ industria per la trasformazione , in energia elettrica, dell’energia termica dei vapori caldi dei quali è ricca la zona.

24.1.2 I Comuni dell’area geotermica dovranno promuovere l’utilizzo dell’energia geotermica nei sistemi produttivi agricoli e promuovere presso i soggetti produttori di energia geotermoelettrica , l’introduzione di tecnologie finalizzate al miglioramento di performances ambientali, mediante l’eliminazione delle ricadute al suolo del mercurio e di altre sostanze presenti nel vapore, nonché delle maleodoranze derivanti dall’emissione in atmosfera di idrogeno solforato (H2S), il contenimento del campo magnetico generato dagli elettrodotti e la mitigazione dell’impatto visivo dei vapordotti e degli elettrodotti, anche mediante l’interramento, ove tecnicamente possibile e più attenti interventi di rinaturalizazione e ripristino delle aree interessate dalla realizzazione dei pozzi e delle centrali.

24.1.3 Il Comune di Pomarance, dovrà valorizzare le componenti insediative industriali, anche tecnologiche, di Larderello, e verificare la possibilità di un recupero ed riuso, anche per finalità culturali/ricreative, dell’area storica produttiva per la produzione di energia elettrica , comprensiva delle torri di raffreddamento, salvaguardando e valorizzando le singolarità del paesaggio urbano e dell’importante patrimonio edilizio nel territorio rurale.

24.1.4 Gli strumenti urbanistici dei Comuni dell’area geotermica individueranno ambiti progettuali da sottoporre a specifiche discipline per valorizzare gli elementi tipici del paesaggio (sorgenti ed acque termali, soffioni, fumarole, lagoni,…) associati eventualmente anche al recupero di manufatti edilizi tradizionali o specialistici, nell’ambito di progetti d’area con finalità turistico, ricreative culturali. In tali contesti sarà da favorire l’istituzione di parchi extra-urbani, anche sovracomunali o di aree protette di cui alla L.R. 49/95, in relazione alle risorse essenziali presenti.

24.2 Il paesaggio caratterizzato da formazioni calanchive

24.2.1 Nelle aree calanchifere come individuate alla Tav. P.10 sono consentite solo opere ed attività dirette conservarme la presenza, ove ne sia riconosciuto il valore naturalistico e paesaggistico.

24.2.2 I Comuni, per finalità idrogeologiche, ove non siano preminenti gli aspetti paesaggistici e naturalistici, possono prevedere sui calanchi opere ed attività volte al miglioramento dell’assetto idrogeologico.

Art. 25 – Le emergenze percettive

25.1 I Comuni nel disporre il quadro conoscitivo del piano strutturale individuano le emergenze percettive di seguito elencate:

  • a) il sistema dei crinali, che delimitano specifici ambiti di rilevanza ambientale, paesaggistica e percettiva;
  • b) gli elementi edilizi focali: ossia i beni puntuali d’interesse architettonico, storico o documentario situati in contesti emergenti o con riferimento ad elementi organizzatori del paesaggio rurale;
  • c) gli elementi organizzatori del paesaggio rurale: comprendenti elementi significativi della trama infrastrutturale e vegetazionale del paesaggio storico, come strade poderali e interpoderali, alberate e non, i tracciati viari storici caratterizzati da alberature di antico impianto, viali alberati e relitti di filari in fregio alle poderali, siepi, sistemazioni idraulico agrarie (terrazzamenti, ciglionamenti, rete scolante, la rete idraulica della bonifica), orditura dei campi e maglia agraria ;
  • d) le visuali da salvaguardare; che riguardano percorsi e vie d’acqua con fruizione di uno o più ambiti o sistemi ambientali o di singole emergenze di cui ai precedenti commi.

25.2 In relazione a questi elementi i Comuni nei piani strutturali definiscono discipline volte alla conservazione, alla valorizzazione e all’uso, nel rispetto delle prescrizioni contenute nei commi successivi.

25.3 Per il sistema dei crinali, ove siano rimasti liberi da insediamenti storici o storicizzati, il profilo deve essere conservato integro e libero da costruzioni e da manufatti di qualsiasi genere, anche nelle vicinanze, che ne possano alterare la percezione.

Ove invece il crinale sia stato l’elemento ordinatore dell’insediamento storico, le eventuali trasformazioni urbanistiche ed edilizie previste dagli strumenti urbanistici dovranno essere coerenti con gli assetti plano-altimetrici dell’insediamento storico e consolidato;

25.4 Per gli elementi edilizi focali sono vietate le alterazioni che ne compromettano le caratteristiche formali e visive, salvaguardandone la loro percezione e visibilità.

25.5 Gli Strumenti Urbanistici comunali tutelano e valorizzano gli elementi organizzatori del paesaggio rurale, sia in quanto risorsa paesaggistica, sia in relazione alla difesa del suolo (stabilità dei terreni e regimazione delle acque) e per gli effetti sulla biodiversità degli ecosistemi del territorio.

25.6 Le sistemazioni idraulico agrarie (terrazzamenti, ciglionamenti , muretti a secco, muri di contenimento in pietra lungo le strade) che verranno individuate e perimetrale negli Strumenti Urbanistici sono da conservare integralmente, anche mediante il ripristino delle parti crollate. In via eccezionale, a fronte di crolli totali ed ove altre opere risultino più efficaci sotto il profilo della difesa del suolo e della regimazione delle acque, potranno essere adottate tecniche costruttive diverse, purchè paesaggisticamente compatibili.

25.7 I Comuni in sede di formazione del piano strutturale dettano le opportune disposizioni al fine di conservare o migliorare e mantenere la fruibilità delle visuali da salvaguardare.

Art. 26 Il sistema delle aree e degli elementi di rilevanza ecologica per la definizione della rete ecologica provinciale

26.1 Aree ed elementi di rilevanza ecologica

Costituiscono il sistema delle aree e degli elementi di rilevanza ecologica, ancorché non rappresentati alla Tav. P.14:

* il mare e le aree dunali;

* i boschi e le formazioni lineari arboree ed arbustive, planiziali e di collina di larghezza inferiore a 20 metri e di lunghezza superiore a 50;

* le fasce riparali e le aree di pertinenza dei corsi d’acqua e dei bacini, i corpi idrici naturali ed artificiali e le aree umide;

* il sistema delle aree protette come individuate nel Piano Provinciale di cui all’art 15 della L.R.49/95

* i siti d’importanza regionale approvati con delibera C.R. 06/2004 e succ modifiche e integrazioni;

* le oasi faunistiche, le zone di rispetto venatorio, le zone di ripopolamento e cattura , come delimitate nel pianofaunistico venatorio provinciale vigente;

* la rete degli spazi aperti (radure, pascoli e collegamenti di crinale);

* le aree agricole, in particolare ad agricoltura estensiva

* le rotte migratorie;

* il sistema dei muretti a secco;

* il verde urbano,

Sono parte integrante della rete ecologica le stazioni di rilevamento delle specie e degli habitat, individuati nel progetto RE.NA.TO., ancorchè puntuali.

26.2 Disposizioni generali

26.2.1 In conformità con gli obiettivi generali della normativa di settore, volta ad aumentare e qualificare le aree naturali ed il tasso di biodiversità, gli strumenti di pianificazione comunale perseguono le seguenti finalità:

* riconoscere come beni di rilevante interesse pubblico gli habitat naturali e seminaturali, la flora, la fauna e le forme naturali del territorio;

* garantire il mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente di tutti i tipi di habitat nella loro area di ripartizione naturale ed all’occorrenza il loro ripristino;

* disciplinare con opportune misure di tutela e di valorizzazione le aree caratterizzate da biotopi ed endemismi.

* promuovere la corretta gestione e fruizione del patrimonio naturale;

* coordinare le discipline del territorio con i piani e i regolamenti delle aree protette di cui alla L.R. 49/95;

* favorire la realizzazione di interventi integrati di sistema, a matrice ambientale per la conservazione della natura e lo sviluppo delle attività agricolo-forestali compatibili.

26.2.2 Nelle aree d’interesse ecologico gli strumenti di programmazione settoriale provinciale, per quanto di competenza, dovranno sviluppare azioni dirette

* a consolidare gli habitat delle specie animali e vegetali prese a riferimento,

* ad ostacolare o ridurre lo sviluppo di popolamenti estranei, anche in relazione all’immissione di animali o specie vegetazionali,

* ad introdurre azioni mitigatrici

• nella progettazione delle infrastrutture,

• nella captazione delle acque,

• nelle attività di taglio del bosco,

• del taglio della vegetazione ripariale anche lungo i canali della bonifica, madiante la programmazione di tagli alternativi sulle due sponde

• nelle pratiche agricole, a promuovere interventi di miglioramento ambientale.

26.3 Siti d’importanza regionale

26.3.1 I Siti di importanza regionale (S.I.R.), come approvati con del. C.R. n. 06/2004 e succ. mod. e integrazioni e i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) recepiti dalle normative regionali, individuati alla Tav. Q.C. 19 e P. 06 e descritti nelle relative schede Doc Q.C.11, sono risorsa essenziale del territorio, costituiscono invarianti strutturali ai sensi della vigente normativa e fanno parte dello Statuto del territorio.

26.3.2 Fino all’approvazione e/o all’adeguamento dei Piani strutturali, nei S.I.R.- (S.I.C.) e nelle aree d’interesse ambientale non sono ammesse trasformazioni edilizie eccedenti la manutenzione straordinaria, fatte salve le trasformazioni previste negli strumenti di gestione o comunque coerenti con le finalità di protezione dell’area.

26.3.3 I S.I.R.-(S.I.C.) costituiscono assieme al sistema delle aree protette, di cui alla L.R.49/95,e succ. mod. e integraz. il sistema ambientale provinciale, come specificato all’art.17.9 e rappresentato nella stessa Tav Q.C. 19 e P. 06. In tali ambiti non si applicano le discipline relative alle aree agricole.

26.3.4 I S.I.R.assieme alle aree di interesse ambientale, individuate nella Tav.P.6, sono ambiti prioritari per l’istituzione di nuove aree protette.

26.3.5 Gli strumenti di pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio provinciali e comunali, ivi compresi i piani agricoli, il piano annuale di forestazione ed anti-incendi boschivi e il faunistico- venatorio, verificano la significatività dell’incidenza su tutte le componenti biotiche ed abiotiche sottoposte a modificazione, tenendo conto della capacità di rigenerazione delle risorse naturali, della capacità di carico dell’ambiente, nonché degli effetti cumulativi prodotti dai diversi impatti ( rumore, inquinamento luminoso, inquinamento atmosferico, consumi idrici, consumo del suolo, inquinamento delle falde ecc.), in relazione ai piani o progetti ricadenti all’interno dei siti, ma anche a piani e progetti che, pur sviluppandosi al di fuori, possano avere incidenze significative su di essi, singolarmente o congiuntamente ad altri piani, progetti ed attività, in relazione a

o la perdita della superficie dell’habitat

o la frammentazione

o la perturbazione

o la densità di popolazione

o la quantità e qualità della risorsa acqua.

L’esito degli impatti determina la necessità o meno di predisporre la valutazione d’incidenza ai sensi della vigente normativa.

Ove il piano o il progettto sia necessario alla gestione del sito, per le finalità di tutela e conservazione, in attuazione delle norme tecniche regionali relative alle forme e modalità di tutela e conservazione dei S.I.R. 12 ovvero oggettivamente non sia probabile che si verifichino effetti significativi sul sito, la valutazione d’incidenza può non essere considerata necessaria.

Nel caso che le informazioni acquisite attestino o suggeriscano la probabilità di effetti significativi sui Siti d’importanza Regionale , gli atti di pianificazione territoriale, urbanistica e di settore devono contenere un’apposito studio d’incidenza, ai fini della effettuazione della valutazione d’incidenza di cui all’art.5 del D.P.R.n.357/97.

26.4 Disposizioni specifiche per gli elementi minori della rete ecologica

26.4.1 I Comuni, nel predisporre i quadri conoscitivi del piano strutturale, oltre a verificare le aree e gli elementi della rete ecologica provinciale contenuti nella Tav.P.14, individuano le ulteriori componenti lineari o puntuali, contenuti al punto 26.1 ( ruderi e grotte, viali alberati, formazioni lineari ed areali di siepi arbustive e arboree di larghezza inferiore a metri 20 e lunghezza superiore a metri 50, alberi isolati, sistema dei muretti a secco, verde urbano, pozze, chiari, stagni, cave esaurite ed allagate ecc.), che costituiscono habitat fondamentali per la conservazione, la propagazione e l’accrescimento della biodiversità delle varie specie faunistiche, e promuovono nel contempo specifiche ricerche sulla fauna e la flora, al fine di determinare i livelli di naturalità dei diversi ambiti.

26.4.2 Le piante isolate e le formazioni lineari arboree /arbustive inferiori alla larghezza di metri 20, e superiori a metri 50, una volta individuate sono incluse in un elenco e fanno parte integrante del quadro conoscitivo del piano strutturale e della rete ecologica provinciale; esse non potranno essere abbattute o ridotte, senza autorizzazione della provincia. Le piante isolate, delle quali la provincia, previa acquisizione di una perizia tecnica allegata alla richiesta di autorizzazione, consenta l’abbattimento per motivi di incolumità pubblica o per esigenze fitosanitarie, devono essere sostituite contestualmente con specie arboree analoghe a quelle abbattute.

Nei Comuni con indice di boscosità inferiore al 20%, come individuati nella Tav.P.12, non è ammessa la riduzione delle formazioni lineari arboree /arbustive di cui al presente sub-comma.

26.4.3 Nuove formazioni di siepi o di filari arboreo/arbustivi sono sempre ammessi, purchè siano

utilizzate specie tipiche della Toscana, scelte in relazione alle caratteristiche stazionali.

Nella formazioni di filari dovrà essere privilegiato l’impianto di cipressi , ove compatibile con la stazione.

26.5 Disposizioni specifiche

26.5.1 I Comuni del Sistema Territoriale della Pianura dell’Arno, con un indice di boscosità inferiore al 20% (Cascina, Calcinaia, Pontedera, Bientina, Ponsacco e S.Croce sull’Arno), ai fini del rafforzamento della rete di rilevanza ecologica provinciale dovranno favorire la costituzione di formazioni arbustive/boschive lineari o areali, nelle aree agricole di pianura, anche residuali, in particolare nella zona del Cuoio, nella piana del Comune di Cascina, a margine del reticolo idraulico della bonifica e lungo le infrastrutture viarie, attorno alle infrastrutture di servizio tecnologico puntuali (discariche, inceneritori, depuratori,….) e alle aree produttive, a collegamento tra i sistemi collinari (tra le Cerbaie e le colline di Montopoli V.A. e di S. Miniato, tra il Monte Pisano e le Cerbaie, tra il Monte Pisano e il Sistema delle Colline Interne e Meridionali), tenendo conto delle risorse presenti nelle aree del sistema ambientale e delle modalità di gestione previste dai regolamenti delle Aree Protette.

26.5.1.1 I Comuni di Pisa, S.Giuliano e Vecchiano dovranno prevedere in particolare forme di connessione e raccordo con gli habitat presenti nel Parco di Migliarino S.Rossore e Massaciuccoli, tenendo conto delle risorse presenti sia nell’aree interne che esterne al parco e delle modalità di gestione adottate.

26.5.1.2 I Comuni i cui territori sono attraversati o delimitati da corsi d’acqua o bacini, naturali o artificiali, prevederanno negli strumenti urbanistici specifiche discipline atte a favorire il consolidamento e/o la ricostituzione della vegetazione naturale, l’arricchimento della biodiversità della flora e della fauna , la valorizzazione e la fruizione degli ambiti di paesaggio fluvio-lacuale, potenziando i segmenti naturali e seminaturali presenti, in particolare le arbustate e/o alberate presenti la vegetazione spontanea lungo il sistema dei canali e attorno ai corpi idrici.

26.5.1.3 In relazione alla realizzazione di nuove infrastrutture per la mobilità lineari o puntuali, i soggetti competenti alla progettazione dovranno prevedere fin dalla fase del progetto preliminare tutti gli interventi di ingegneria naturalistica, lungo i bordi stradali ed i corpi idrici interessati, necessari per mitigare gli impatti negativi sulla flora e sulla fauna, ripristinando i collegamenti ecologici e territoriali mediante la ricostruzione della vegetazione e la realizzazione di sottopassi a invito per la fauna minore.

La fase di realizzazione dell’infrastruttura dovrà essere preceduta da un’indagine floro/faunistica lungo tutta l’area interessata dall’ intervento a carico dei soggetti realizzatori.

26.5.2 I Comuni del Sistema delle Colline Interne e Meridionali, caratterizzati da un indice di boscosità inferiore al 20% (Fauglia, Crespina, Lari, Lorenzana, Orciano Pisano, Capannoli, Terricciola e Peccioli) dovranno favorire la costituzione di nuove di formazioni arbustive/boschive lineari o areali, nelle aree agricole di pianura , a margine delle infrastrutture viarie , delle aree produttive e degli impianti tecnologici puntuali per costituire aree verdi, corridoi ecologici, parchi urbani, extra-urbani o sovracomunali, anche in relazione ad interventi di riqualificazione di aree minerarie, ed aree estrattive e più in generale produttive, e nelle aree collinari, per ripristinare in parte la delimitazione dei campi.

26.5.2.1 Più in generale i Comuni dovranno potenziare i segmenti naturali o sono seminaturali presenti, soprattutto le fasce arbustate e /o alberate presenti, la vegetazione spontanea lungo il sistema dei corsi d’acqua e dei bacini.

26.5.2.2 I Comuni nei cui territori sono presenti istituti della L.R.49/95 svilupperanno specifiche azioni al fine di garantire le connessioni tra gli habitat presenti nelle Riserve Naturali e nelle Aree Protette d’Interesse Locale ed il territorio, tenendo conto delle risorse presenti all’interno delle aree e delle modalità di gestione in esse adottate.

26.5.2.3 Il Comune di Montecatini V.C, di Volterra e di Pomarance, in relazione al S.I.R. del Fiume Cecina per il quale è stato approvato dalla provincia il piano di gestione, promuoveranno in forma coordinata l’istituzione di un’area protetta, possibilmente sovracomunale.

12 approvate con Del.G.R. 05 luglio 2004 n.644 “Attuazione art.12c.1 lett.a) della L.R. 56/00 (norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche). Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei siti di importanza regionale ( S.I.R.)”.

Art. 27 Geotopi: Siti d’interesse minerario e mineralogico - Siti d’interesse paleontologico

27.1 Siti d’interesse minerario e mineralogico

27.1.1 Tutti i siti d’interesse minerario e scientifico mineralogico individuati nella Tav. Q.C.12, e Doc.Q.C.7 del P.T.C. e descritti nelle relative schede di dettaglio, derivanti dall’analisi bibliografica, da ricerche di archivio e da ricerche sul terreno, dovranno essere recepiti nel quadro conoscitivo di supporto agli strumenti di pianificazione generali comunali.

27.1.2 I siti d’interesse minerario, comprensivi delle strutture ed infrastrutture paleo-industriali ed i siti d’interesse mineralogico, dovranno essere specificatamente disciplinati negli strumenti urbanistici Generali Comunali, seguendo i seguenti criteri:

  • - per i siti minerari censiti, non più interessati da attività estrattive, gli strumenti urbanistici individueranno gli ambiti minimi nei quali promuovere progetti di matrice ambientale, mirati alla riqualificazione paesaggistica delle aree, al recupero ed eventuale riutilizzo dei manufatti di archeologia industriale ed alla eliminazione degli eventuali fenomeni di dissesto e di degrado idrogeologico. Saranno altres&igrave consentite le attività di ricerca, studio ed osservazione scientifica, nonchè le attività escursionistiche.
  • - per i siti d’interesse mineralogico, ovvero i siti che non sono stati oggetto di attività estrattiva, ma che sono interessanti scientificamente, per la presenza di minerali mai censiti in alcuna parte del mondo, o per emergenze e minerali sconosciuti precedentemente nella Provincia di Pisa, gli strumenti di pianificazione generali comunali dettano le opportune discipline volte alla loro conservazione, protezione e valorizzazione, sulla base degli elementi contenuti nelle schede.

27.2 Siti d’interesse paleontologico

27.2.1 Tutti i giacimenti fossiliferi individuati nella Tav. Q.C.12, Q.C.7 e Doc.Q.C.6 del P.T.C. e le relative schede di dettaglio, derivanti dall’analisi bibliografica, da ricerche sul campo e da verifiche su collezioni museali, effettuate dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’università di Pisa, dovranno essere recepiti nel quadro conoscitivo di supporto agli strumenti di pianificazione generali.

Gli strumenti di pianificazione generale comunali detteranno le opportune discipline volte alla conservazione, protezione, valorizzazione e gestione del patrimonio paleontologico, sulla base delle indicazioni specifiche per ciascun giacimento contenute nelle schede, rispetto a:

  • - importanza storica,
  • - interesse scientifico (internazionale, nazionale, locale),
  • - potenzialità del giacimento
  • - interesse didattico
  • - interesse escursionistico
  • - stato di conservazione

27.3 Nelle aree caratterizzate da geotopi (siti d’interesse minerario e mineralogico e siti paleontologico) gli strumenti pianificazione potranno prevedere specifici ambiti sui quale intervenire con piani d’area o progetti di matrice ambientale o nei quali istituire aree protette, di cui alla L.R.n.49/95, tenendo conto delle altre risorse, naturali e non, eventualmente presenti.

27.4 Tutti geositi che la Regione riconosca come siti d’importanza regionale (G.I.R.), sono assimilati alle invarianti e pertanto sono parte integrante dello Statuto.

Art. 28 Il sistema vegetazionale

28.1 Compongono il sistema vegetazionale naturale le aree individuate dalla Tav. Q.C.7e1 e dalla Tav.Q.C.7e2 , come interessate dalle cenosi vegetali definite querceto misto a cerro, querceto misto a roverella, formazioni miste, boschi di sclerofille sempreverdi, boschi planiziali mesofili di caducifoglie, arbusteti, formazioni ripariali, pinete, boschi a robinia, castagneti, querceto misto a rovere, vegetazione palustre, nonché i terreni, anche non individuati dalle citate tavole, interessati da cenosi vegetali aventi le predette caratteristiche.

28.2 Le aree individuate dalla Tav. Q.C.7e1. e dalla Tav.Q.C.7e2, come interessate dalle cenosi vegetali indicate al comma 1, ove siano temporaneamente privi della preesistente vegetazione in quanto danneggiati dal fuoco, ovvero colpiti da altri eventi naturali o interventi antropici totalmente o parzialmente distruttivi, non possono essere esclusi dalla perimetrazione dei terreni aventi le caratteristiche di cui al comma 1, e devono essere assoggettati ad una delle categorie di modalità di intervento di cui all’art. 29.2.

Art. 29 Modalità di intervento riferite alle condizioni delle cenosi

29.1 Nella Tav. P.11 sono indicate le modalità di intervento da prescrivere nelle aree interessate dal sistema vegetazionale naturale, in relazione alle riscontrate condizioni delle cenosi vegetali presenti.

29.2 Le categorie delle modalità di intervento di tipo forestale sono definite nei seguenti termini:

  • - 1.conservazione: trova applicazione nelle aree di elevato interesse ambientale, con flora e vegetazione non oggetto di sfruttamento sistematico, per cui é necessario garantire il rispetto dei dinamismi naturali delle cenosi vegetali spontanee, mediante interventi tesi alla conservazione degli equilibri naturali già raggiunti;
  • - 2.mantenimento: trova applicazione nelle aree in cui le cenosi vegetali si presentano soddisfacenti sotto i profili sia della qualità floristica che delle condizioni biologiche intese in senso più generale, ma in cui sono in atto fenomeni di disturbo dei dinamismi naturali, quali il taglio dei boschi o la vicinanza delle coltivazioni, per cui é necessario controllare nel tempo la situazione delle cenosi, garantendone la continuità, e permettere la loro evoluzione verso un equilibrio più stabile;
  • - 3.consolidamento: trova applicazione nelle aree in cui le cenosi vegetali, pure mostrando una soddisfacente ricchezza floristica, appaiono compromesse nella struttura, o comunque nelle componenti biologiche che rendono una fitocenosi ecologicamente stabile, ad esempio per presenza di macromiceti o di licheni, o simili, per cui é necessario agire con idonei interventi volti a superare tali situazioni negative, quali il rimboschimento con speci arboree ed arbustive autoctone, ed ecologicamente idonee, in rarefazione a causa dei fenomeni di disturbo in atto;
  • - 4.modificabilità: trova applicazione nelle aree in cui sono presenti entità che contrastano con il naturale dinamismo della vegetazione autoctona, per cui é necessario favorire la ripresa di quest'ultima eliminando le cause di turbamento;
  • - 5.sostituzione: trova applicazione nelle aree in cui il soprassuolo vegetale é ormai dominato da entità non appartenenti alla vegetazione autoctona, per cui é opportuno operare una graduale sostituzione dello strato vegetale con specie ecologicamente più idonee ed in linea con l'ambiente naturale.

29.3 E’ ammessa la trasformazione del bosco, come definita all’art. 41 comma 1 della L.R.39/2000 e successive modifiche ed integrazioni, per la destinazione ad attività agricole, solo in casi eccezionali di ordine ambientale, idrogeologico ed economico-produttivo con le limitazioni ed alle condizioni espresse ai successivi commi

  • - in terreni che abbiano già prima della trasformazione una pendenza media inferiore al 25%;
  • - in terreni che non ricadano nelle aree caratterizzate da frane attive o quiescienti come individuate nei relativi piani di bacino stralcio “Assetto idrogeologico”( aree P.F.4 e P.F.3 del P.A.I.del Bacino dell’Arno; aree P.4 e P.3 del P.A.I del Bacino del Serchio e aree P.F.ME e P.F.E del P.A.I. del Bacino Regionale Toscana Costa);
  • - in terreni non compresi nel sistema ambientale come indicato all’art.17.9 o non compresi in ambiti considerati di pregio ambientale dagli strumenti urbanistici comunali (Tav. P. 6)
  • - in aree boscate perimetrali, a contatto con superfici agricole preesistenti, e sempre che il restante bosco mantenga una profondità di almeno 20 metri.

29.4 Sono escluse dalla trasformazione le aree boscate che, pur avendo i requisiti di ammissibilità sopra elencati, interessino aree boscate per le quali il P.T.C. individui come modalità di gestione la conservazione, il mantenimento, e il consolidamento (commi 29.2.1, 29.2.2, 29.2.3), e che trovino conferma nel più approfondito quadro conoscitivo del Piano Strutturale, le aree tartufigene ovvero aree di effettiva raccolta di tartufi, individuate dagli strumenti urbanistici comunali ai sensi dell’art. 15, comma 3 della L.R. 50/95 e sue modifiche ed integrazioni (Norme per la raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi e conservati destinati al consumo e per la tutela e valorizzazione degli ecosistemi tartufigeni) o terreni rimboschiti con finanziamento pubblico, per i quali non siano ancora decaduti i limiti ventennali di vincolo, fatto salvo quanto previsto all’art.43 della L.R.39./2000. Non sono sono soggetti a questa limitazione nei Comuni con alto indice di boscosità i margini boscati ed i terreni che pur indicati nel P.T.C. a gestione mantenimento e consolidamento siano costituiti da vegetazione forestale arbustiva di recente insediamento o assimilabili a bosco ai sensi dell’art.3 c.4 della L.R.39/2000.

29.5 La trasformazione dei boschi è soggetta all’autorizzazione ai fini del vincolo idrogeologico e secondo le disposizioni del D.lgs 42/2004 all’autorizzazione ai fini del vincolo paesaggistico.

Ai fini della trasformazione dei boschi il P.T.C. distingue, alla Tav.P.12 ,i Comuni in base alla percentuale di copertura boschiva, in :

  • - Comuni con basso indice di boscosità, e cioè al di sotto del 20%
  • - Comuni con indice di boscosità medio, compreso fra il 20% ed il 50%
  • - Comuni con indice di boscosità alto, superiore al 50%.

Nei Comuni con indice di boscosità basso e medio (fra il 20% ed il 50%) la trasformazione dei boschi, anche per superfici inferiori a mq 2.000 è sempre condizionata all’esecuzione di rimboschimenti compensativi.

Il rimboschimento compensativo dovrà avvenire su terreni nudi di superficie uguale a quella trasformata, posti in continuità con i sistemi boscati esistenti e nello stesso Comune o in Comuni appartenenti allo stesso sistema territoriale, purchè con indice di boscosità pari o inferiore.

Il rimboschimento compensativo per le trasformazioni del bosco interessanti superfici boscate maggiori di mq 2.000, in Comuni con indice di boscosità alto (oltre il 50%) dovrà avvenire in terreni nudi posti prioritariamente in Comuni ad indice di boscosità medio o basso appartenenti allo stesso sistema territoriale.

Nei casi in cui il rimboschimento compensativo sia sostituito dal pagamento di somme, come previsto dalla normativa forestale vigente, le stesse dovranno essere impiegate dagli enti competenti prioritariamente per la realizzazione di interventi di rimboschimento nei terreni nudi posti in Comuni ad indice di boscosità medio o basso appartenenti allo stesso sistema territoriale. In caso di mancanza di disponibilità di terreni nudi da parte dell’ente attuatore, potranno essere realizzati, nel territorio di competenza e con priorità per lo stesso sistema territoriale, interventi di miglioramento ambientale quali opere di miglioramento forestale e di sistemazione idraulico forestale con tecniche di ingegneria naturalistica.

29.6 Nel caso di Comuni a medio o alto indice di boscosità, il rimboschimento compensativo potrà avvenire anche attraverso la realizzazione di siepi arboreo/arbustive di almeno 20 metri di larghezza e almeno 50 di lunghezza.

29.7 A garanzia del rimboschimento è fatto obbligo il versamento di un deposito cauzionale pari al costo presunto del rimboschimento o la contrazione di apposite apposite fideiussioni bancarie o assicurative a copertura dell’importo, come previsto dalla vigente normativa.

29.8 Nelle aree collinari caratterizzate da sistemazioni a gradoni, con o senza il sostegno di muretti a secco, che l’incuria delle pratiche agricole abbia coperto di vegetazione boschiva da più di 15 anni, e che quindi ai sensi della L.R. 39/2000 sia da considerare boscata, è ammissibile la trasformazione della superficie boscata in agricola, con rimboschimento compensativo di pari superficie, alle condizioni espresse ai punti 25.6 e 29.5 e a condizione che vengano mantenuti i gradoni e ove danneggiati, siano ripristinati i muretti a secco e vengano realizzati impianti colturali arborei di olivo o di vite, e che il soprassuolo abbia un’età inferiore ai 30 anni.

29.9 Come disciplinato dalle disposizioni vigenti in materia, la fascia di metri 50 contigua alle aree boscate, qualunque sia la destinazione dei terreni, è soggetta alle norme di prevenzione dagli incendi boschivi. Al fine di prevenire danni da incendio è preclusa in tale fascia di rispetto la realizzazione di interventi di nuova edificazione e di ogni altro manufatto.

Le limitazioni alla fattibilità degli interventi nella fascia di rispetto dal perimetro del bosco si adottano anche per le aree originariamente boscate trasformate nei 10 anni precedenti. Sono escluse dalle limitazioni di cui sopra:

  • - le aree già urbanizzate individuate nei Piani Strutturali vigenti alla data di pubblicazione sul B.U.R.T. della delibera di approvazione della Variante per le zone agricole al PTC adottata con D.C.P. n.49 del 8/10/2012;
  • - le realizzazioni di infrastrutture, annessi, opere di miglioramento fondiario e manufatti finalizzati alle attività agro–silvo-pastorali, ed alle attività connesse, qualora non sussistano soluzioni alternative e garantendo la predisposizione di accorgimenti di prevenzione del rischi da incedi;

Per le opere e gli edifici legittimi esistenti nella fascia minima di rispetto di 50 metri dal perimetro delle aree boscate:

  • a) dovranno essere realizzati interventi finalizzati alla riduzione del rischio (bacini idrici invasi, fasce prive di vegetazione, ripulitura periodica del sottobosco, diradamento del soprassuolo, avviamento ad alto fusto, sostituzione di specie e spalcature delle conifere, ove presenti);
  • b) fatti salvi gli eventuali vincoli esistenti nell’area, potranno essere realizzati interventi in \ conformità alla L.R. 1/2005 e s.m.i., garantendo la compatibilità e la coerenza paesaggistica e la prevenzione del rischio di incendi da attuarsi anche in fase di esecuzione delle opere.

Art. 30 Disposizioni relative all’intero sistema

30.1 In tutti i terreni componenti il sistema vegetazionale naturale sono ammesse:

  • a) la realizzazione di opere di difesa idrogeologica ed idraulica, nonché di rinaturalizzazione, di interventi di forestazione e di incremento della vegetazione autoctona, di strade poderali ed interpoderali, di opere connesse al taglio dei boschi, sia permanenti, che temporanee, quali strade e piste forestali, imposti o piazzali di deposito di legname, utilizzati anche come piazzole di scambio, condotte, canali temporanei e linee di esbosco; di opere di prevenzione degli incendi boschivi, quali viali e fasce parafuoco, invasi punti di avvistamento, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle predette opere, nei limiti stabiliti dalle leggi nazionali e regionali e dalle altre disposizioni specifiche;
  • b) qualsiasi intervento di recupero e riqualificazione dei manufatti edilizi esistenti afferenti le componenti territoriali di cui al presente articolo, e conformi alle disposizioni delle presenti norme;
  • c) le normali attività silvicolturali, nonché la raccolta dei prodotti secondari del bosco, nei limiti stabiliti dalle leggi nazionali e regionali e dalle altre disposizioni specifiche, con particolare riferimento a quelle di cui all’articolo 29 ( Tavv.: 11, 12);
  • d) le attività di allevamento zootecnico di tipo non intensivo, nei limiti delle relative disposizioni;
  • e) le attività escursionistiche e del tempo libero compatibili con le finalità di tutela naturalistica e paesaggistica

Rientrano tra gli interventi ammessi i piani d’intervento programmati dal C.F.S. unitamente alla Direzione compartimentale del Territorio per la Toscana sulla vegetazione riparia di fiumi e torrenti esclusivamente finalizzati al taglio di quelle piante che possono arrecare danno alle sponde ed al buon deflusso delle acque.

30.2 Le opere di cui alla lettera a) del comma art.30.1 non devono comunque avere caratteristiche, dimensioni e densità tali per cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico dei terreni interessati. Dovranno essere comunque privilegiati gli interventi che prevedono l’utilizzo di tecniche di ingegneria naturalistica In particolare le strade forestali, poderali ed interpoderali non devono avere la imensione della carreggiata, superiore a 5 metri lineari, oltre alle banchine, da ridurre a 4 metri lineari per le piste forestali, né comportare l'attraversamento in qualsiasi senso e direzione di terreni con pendenza superiore al 60 per cento per tratti superiori a 150 metri, e non devono essere asfaltate, né pavimentate con altri materiali impermeabilizzanti, ad eccezione di brevi tratti necessari a garantire la stabilità del fondo.

30.3 Solamente in riferimento alle aree interessate dal sistema vegetazionale naturale che siano assoggettate alle categorie di modalità di intervento di cui ai punti 4 e 5 del comma 2 dell'art. 29, gli strumenti di pianificazione, e di programmazione, nonché gli altri atti amministrativi attinenti il governo del territorio, possono prevedere:

  • a) la realizzazione di linee di comunicazione viaria e ferroviaria di rilevanza sovracomunale, limitatamente al mero attraversamento dei terreni componenti il sistema vegetazionale naturale, ed ove esso sia indispensabile in assenza di alternative di tracciato che consentano di perseguire i medesimi obiettivi prestazionali con analoga efficienza e costi non irragionevolmente superiori;
  • b) la realizzazione di linee di comunicazione viaria di rilevanza locale, in quanto al servizio della popolazione di non più di un comune, ovvero di parti della popolazione di due comuni confinanti, nonché di insediamenti e/o di attività preesistenti e confermate dagli strumenti di pianificazione comunali, ove sia indispensabile in assenza di alternative di tracciato che consentano di perseguire i medesimi obiettivi prestazionali con analoga efficienza e costi non irragionevolmente superiori;
  • c) le attività estrattive nei limiti consentiti dalla programmazione di settore e nel rispetto dei criteri attuativi di cui alle presenti norme;
  • d) gli impianti a rete per il trasporto dell’energia, ove esso sia indispensabile, in assenza di alternative di tracciato, che consentano di perseguire i medesimi obiettivi prestazionali con analoga efficienza e costi non irragionevolmente superiori.

30.4 Relativamente ai terreni componenti il sistema vegetazionale naturale le pubbliche autorità competenti adeguano i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti disposizioni in conformita alla L.R. 48/94 e successive modificazioni:

  • a) l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri, le strade poderali ed interpoderali, le strade e le piste forestali, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, ed all'esecuzione delle consentibili trasformazioni fisiche di immobili, nonché per l'esercizio e l'approvvigionamento dei manufatti qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed altres&igrave per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
  • b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle strade e piste forestali, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali; può altres&igrave essere disposta l'installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.

Art. 31 Centri storici e nuclei di antica formazione non urbani, altre unità di spazio d’interesse storico

Il presente Piano considera, in prima approssimazione, da verificarsi nei quadri conoscitivi degli strumenti urbanistici comunali:

  • a) nuclei urbani storici

le parti del territorio risultanti urbanizzate ed edificate, con consistenza e caratteristiche di insediamento urbano, nella cartografia I.G.M. di primo impianto, individuate e perimetrate nella Tav. Q.C.3;

  • b) nuclei di antica formazione non urbani

le parti del territorio risultanti urbanizzate ed edificate, con consistenza e caratteristiche di insediamento non urbano, nella cartografia I.G.M. di primo impianto, individuati e perimetrati nella Tav. Q.C.3;

  • c) edifici specialistici di interesse storico,

le singole unità edilizie, i complessi edilizi, gli altri manufatti, gli spazi scoperti, ricadenti in ogni parte del territorio diversa dai nuclei urbani storici e dagli insediamenti di interesse storico non urbani, aventi un riconoscibile interesse storico-artistico, storico-architettonico, storico-testimoniale, e di cui vanno conservate le caratteristiche morfologiche, strutturali, tipologiche e formali, individuate nella Tav. Q.C.3, sotto le voci: architettura religiosa; architettura civile; architettura rurale; architettura militare; architettura infrastrutturale; architettura paleoindustriale; architettura di servizio.

Art. 32 Nuclei urbani storici

32.1 Nell'ambito dei nuclei urbani storici i Piani Strutturali distinguono:

  • a) le parti del territorio che conservano, nelle caratteristiche dell'organizzazione territoriale, dell'assetto urbano, dell'impianto fondiario, nonché nelle caratteristiche tipologiche e formali sia dei manufatti edilizi che degli spazi scoperti, i segni delle regole che hanno presieduto alla vicenda storica della loro conformazione;
  • b) le parti del territorio nelle quali le suddette caratteristiche e regole sono state rilevantemente e diffusamente alterate e contraddette.

32.2 Relativamente alle parti del territorio di cui alla lettera a) del comma 1, gli strumenti urbanistici comunali definiscono una disciplina volta:

  • - a prescrivere la conservazione delle individuate caratteristiche;
  • - a prescrivere il ripristino delle predette caratteristiche, ove esse siano alterate;

32.3 Relativamente alle parti del territorio di cui alla lettera b) del comma 1, gli strumenti di pianificazione generali comunali prevedono la ricostituzione delle individuate caratteristiche e la riapplicazione delle individuate regole conformative, mediante trasformazioni degli elementi fisici e dei loro insiemi in cui, e per quanto, esse sono state alterate e contraddette.

32.4 Gli strumenti di pianificazione e di programmazione comunali, a norma delle vigenti leggi regionali, determinano le destinazioni d'uso delle unità di spazio con l'osservanza dei successivi commi.

32.5 Al complesso delle unità di spazio costituenti ogni nucleo urbano storico deve essere attribuito un insieme di funzioni che non comporti un carico urbanistico tale da sconvolgere e/o modificare l’assetto del nucleo urbano storico stesso. Resta inteso che è consentito il mantenimento o il ripristino di attività per funzioni tradizionali e pregiate.

32.6 Deve essere perseguito il mantenimento, o il ripristino, di utilizzazioni per funzioni connesse a quella abitativa in termini di efficiente equilibrio con la funzione abitativa stessa.

Art. 33 Nuclei di antica formazione non urbani

33.1 Ove le caratteristiche dell’organizzazione territoriale, dell’impianto fondiario, e le caratteristiche tipologiche e formali sia dei manufatti edilizi che degli spazi scoperti, degli insediamenti di cui all’art.31 lett.b, nonché le regole che hanno presieduto alla vicenda storica della loro conformazione, non siano state rilevantemente alterate e contraddette, gli strumenti di pianificazione generali comunali definiscono una disciplina volta:

  • - a prescrivere la conservazione delle individuate caratteristiche;
  • - a prescrivere il ripristino delle predette caratteristiche, ove esse siano state alterate.

Ove le caratteristiche di cui al periodo precedente non trovino corrispondenza con lo stato di fatto reale, adeguatamente documentato da approfondimenti sullo stato di conservazione dei manufatti, gli strumenti urbanistici comunali potranno normare in contrasto con le precedenti prescrizioni.

33.2 Gli spazi scoperti rispondenti alle caratteristiche dell'organizzazione territoriale, dell'assetto insediativo, dell'impianto fondiario, o in quanto tradizionalmente destinati a usi collettivi, devono restare comunque inedificati.

33.3 Gli spazi scoperti diversi da quelli di cui al comma precedente, con particolare riferimento a quelli risultanti da intercorse demolizioni, o da intervenuti crolli, di manufatti facenti organicamente parte dell'organizzazione morfologica del tessuto insediativo, possono essere definiti edificabili, sulla base di parametri ricavati da elementi o tracce superstiti, da documentazione storica relativa alle preesistenze, dall'organizzazione morfologica del tessuto insediativo, dalle caratteristiche dei manufatti contigui o circostanti.

33.4 Attorno ai nuclei di antica formazione non urbani, la pianificazione comunale definisce idonee fasce di rispetto ed ogni altra opportuna disposizione volta a preservarne la qualità di insediamenti non urbani e le specifiche caratteristiche morfologiche rispetto al circostante territorio.

Art. 34 Edifici specialistici e manufatti d’interesse storico sparsi sul territorio

34.1 Il P.T.C. identifica nella Tav. Q.C.3 e nel Regesto dei Beni Culturali, sulla base dei dati raccolti presso gli archivi della Soprintendenza di Pisa, della Soprintendenza archeologica di Firenze, degli archivi comunali e attraverso ricerche bibliografiche, gli edifici e manufatti specialistici d’interesse storico sparsi, raggruppandoli secondo le seguenti categorie:

* Architetture religiose (chiese, pievi, oratori, cappelle, cimiteri, sacrari, edicole, immaginette, tabernacoli, conventi, monasteri, abbazie, badie, eremi, santuari)

* Architetture civili (ville, palazzi,ville con parchi o giardini)

* Architetture rurali (nuclei rurali ,corti, cascine, tabaccaie, altri edifici rurali,)

* Architetture militari (Borghi fortificati,castelli,fortezze,bastioni,torri, mura, rocche)

* Architetture paleoindustriali (impianti produttivi, molini, fornaci, opifici …)

* Architetture di servizio (impianti termali, teatri, musei)

* Architetture infrastrutturali (manufatti idraulici, acquedotti, chiuse, chiaviche, ponti, bonifiche storiche )

* Aree d’interesse archeologico (complessi archeologici, aree di concentrazione di materiali archeologici, aree della struttura centuriata).

34.2 I Comuni, nella predisposizione del quadro conoscitivo del piano strutturale, verificano ed integrano gli elenchi e la cartografia dei beni di cui al comma 1.

34.3 Ove gli elementi territoriali di cui al comma 1 si configurino quali unità edilizie, o complessi edilizi, o altri manufatti, isolati, la pianificazione comunale definisce, attorno a questi, idonee fasce di rispetto, ed ogni altra opportuna disposizione volta a preservarne la predetta qualità di unità edilizia, o di complessi edilizi, o di altri manufatti, isolati, e le specifiche caratteristiche morfologiche nei loro rapporti con il circostante territorio.

Art. 35 Aree d’interesse archeologico

35.1 Complessi archeologici

35.1.1 Per i complessi archeologici, come individuati in prima approssimazione nella Tav. Q.C.3., nonché nel Regesto, da verificarsi in sede di redazione del quadro conoscitivo degli strumenti urbanistici comunali, le misure e gli interventi di tutela e valorizzazione, sono definiti, oltre che dagli strumenti urbanistici comunali, da piani o progetti pubblici di contenuto esecutivo, formati dagli enti competenti.

35.1.2 Tali piani o progetti possono prevedere, alle condizioni e nei limiti eventualmente derivanti da altre disposizioni del presente piano, la realizzazione di attrezzature culturali e di servizio alle attività di ricerca, studio, osservazione delle presenze archeologiche e degli eventuali altri beni e valori tutelati, nonché di posti di ristoro e percorsi e spazi di sosta, ed altres&igrave la realizzazione di infrastrutture tecniche e di difesa del suolo, nonché di impianti tecnici di modesta entità.

35.2 Aree di concentrazione di materiali archeologici

35.2.1 Per le aree di concentrazione di materiali archeologici interessate da ritrovamenti archeologici come individuate in prima approssimazione nella Tav. Q.C.3, nonché nel Regesto, da verificarsi in sede di redazione del quadro conoscitivo degli strumenti urbanistici comunali, le misure e gli interventi di tutela e valorizzazione nonché gli interventi funzionali allo studio, all'osservazione, alla pubblica fruizione dei beni e dei valori tutelati, sono definiti, oltre che dagli strumenti urbanistici comunali, da piani o progetti pubblici di contenuto esecutivo, formati dagli enti competenti.

35.2.2 Tali piani o progetti, oltre alle attività di studio, ricerca, scavo, restauro, inerenti i beni archeologici, ed agli interventi di trasformazione connessi a tali attività, ad opera degli enti o degli istituti scientifici autorizzati, possono prevedere, alle condizioni e nei limiti eventualmente derivanti da altre disposizioni del presente piano, la realizzazione di attrezzature culturali e di servizio alle attività di ricerca, studio, osservazione delle presenze archeologiche e degli eventuali altri beni e valori tutelati, nonché di posti di ristoro, percorsi e spazi di sosta, ed altres&igrave la realizzazione di infrastrutture tecniche e di difesa del suolo, nonché di impianti tecnici di modesta entità.

35.3 Zone di tutela della struttura centuriata

35.3.1 Per le zone di tutela della struttura centuriata, individuate in prima approssimazione nella Tav. Q.C.3, nonché nel Regesto, da verificarsi in sede di redazione del quadro conoscitivo degli strumenti urbanistici comunali, gli strumenti di pianificazione generali comunali perimetrano le zone di tutela della struttura centuriata ed individuano, per sottoporli alle disposizioni di tutela e conservazione, nonché di ripristino a scala territoriale, i seguenti elementi della centuriazione, includendovi in ogni caso quelli indicati dalla Tav. Q.C.3:

  • - le strade extraurbane disposte secondo gli assi della centuriazione;
  • - le strade vicinali (o poderali od interpoderali o di bonifica) disposte secondo gli assi della centuriazione;
  • - i canali di scolo o di irrigazione disposti secondo gli assi della centuriazione;
  • - i tabernacoli siti agli incroci degli assi della centuriazione;
  • - i filari orientati secondo la centuriazione;
  • - gli altri elementi riconducibili alla divisione agraria romana.

35.3.2 Le strade extraurbane disposte secondo gli assi della centuriazione devono essere mantenute nei relativi aspetti strutturali, quali il tracciato e la giacitura.

35.3.3 Le strade vicinali (o poderali od interpoderali o di bonifica) disposte secondo gli assi della enturiazione devono essere mantenute nei relativi aspetti strutturali, quali il tracciato, la giacitura, e le caratteristiche dimensionali funzionali.

35.3.4 I canali di scolo o di irrigazione disposti secondo gli assi della centuriazione devono essere mantenuti nei relativi aspetti strutturali, quali il tracciato e la giacitura.

35.3.5 Dei tabernacoli siti agli incroci degli assi della centuriazione è prescritta la conservazione, mediante la manutenzione e, ove occorra, il ripristino, con le tecniche del restauro, essendo ammissibile la ricostruzione filologica di parti eventualmente crollate o demolite, e la sostituzione di parti fatiscenti, in ogni caso con i medesimi materiali, lavorati secondo le tecniche tradizionali locali.

35.3.6 Dei filari orientati secondo la centuriazione sono tutelati sia la giacitura, che la conformazione, che gli esemplari arborei che li compongono. Di tali esemplari arborei è fatto generale divieto d'abbattimento, salvo che per comprovate ragioni fitosanitarie. Gli esemplari arborei abbattuti devono essere ripristinati con esemplari della stessa specie. Ove l’abbattimento riguardi interi filari, o loro parti, e comunque più di un singolo esemplare arboreo, il ripristino deve avvenire secondo la medesima giacitura del filare preesistente, o della sua parte, e secondo la preesistente partitura di intervalli tra individui.

35.3.7 Le zone di tutela della struttura centuriata hanno di norma destinazione agricola.

Gli strumenti di pianificazione generali comunali possono destinare aree ricomprese nelle zone di tutela della struttura centuriata a utilizzazioni extragricole coerenti con l'organizzazione territoriale storica.

Art. 36 Viabilità storica

36.1 Il P.T.C. identifica attraverso il confronto tra la viabilità risultante nella cartografia I.G.M. di primo impianto e lo strato informativo sulle infrastrutture viarie della cartografia informatizzata 1:10.000 realizzata tra l’anno 1995 ed il 2000, il sistema della viabilità storica suddividendola nelle seguenti categorie:

  • - Viabilità storica di pianura
    • Viabilità storica carrabile
    • Viabilità poderale delle aree centuriate
    • Viabilità della bonifica storica
  • - Viabilità storica di collina,
    • Viabilità carrabile
    • sentieri, mulattiere

36.2 La viabilità storica è rappresentata nella Tav. Q.C.14 (parziale) del P.T.C.

I Comuni nella redazione del quadro conoscitivo del piano strutturale verificano il sistema infrastrutturale storico individuato dal P.T.C., con particolare attenzione al reticolo minore di collina e di pianura.

Il Comune, nella redazione del piano strutturale, in corrispondenza di ambiti agricoli dove siano tuttora rintracciabili nei loro caratteri originari i collegamenti storici, dovrà prevedere una specifica disciplina atta a garantirne il recupero e la conservazione dei caratteri, nonchè degli eventuali elementi di arredo (edilizi e arboreo/arbustivi) della toponomastica ed a consentire la fruizione ciclopedonale.

Le strade bianche storiche di proprietà pubblica saranno assunte nel P.S. come invarianti del paesaggio.

Art. 37 Espansioni urbane consolidate

37.1 Per espansioni urbane consolidate si intendono le parti del territorio risultanti urbanizzate ed edificate, in addizione ai nuclei storici, o in conseguenza di nuova fondazione insediativa, prima del 1950/1954, sulla base della cartografia I.G.M., individuate e perimetrate nella Tav.Q.C.3.

37.2 Gli strumenti di pianificazione comunali generali possono, fornendone adeguata motivazione, individuare e perimetrare le espansioni urbane consolidate assumendo un diverso riferimento temporale, in relazione alla effettiva e documentata vicenda storica territoriale locale. Relativamente a tali componenti territoriali valgono le disposizioni di cui al successivo art.48.

Art. 38 Il sistema acqua

38.1 Criteri generali

I Comuni nella fase di adozione del P.S. o di varianti allo stesso, provvedono in relazione al previsto aumento del fabbisogno idrico e dello smaltimento dei reflui a

  • -a richiedere il parere alla competente Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale
  • -a determinare gli ambiti di sofferenza idrica dove non possono essere previsti incrementi di volumetrie che comportino aggravio di approvvigionamento idrico;
  • -a prevedere nuovi incrementi edificatori solo ove sia prevista la contestuale realizzazione della rete fognaria e degli impianti di depurazione;
  • -a prevedere nelle aree produttive di espansione, nelle nuove aree a verde fortemente idroesigenti e per la rete anti-incendio la realizzazione di reti duali .

Per i Comuni che presentano un livello di attenzione alto per almeno uno degli indicatori di fragilità ambientale del sistema acqua (fabbisogni produttivi, fabbisogni civili, carico depurativo), individuati nell’ambito della valutazione delle condizioni di fragilità ambientale (Tav. QC.15, Doc. 4), si prescrive che gli strumenti di pianificazione includano una relazione sullo stato delle risorse idriche, che individui lo stato qualitativo e quantitativo delle risorse idriche, le pressioni antropiche esercitate sulle stesse, nonché le politiche/interventi di controllo, tutela e risanamento in atto, con particolare riferimento agli elementi di crisi evidenziati dagli indicatori di fragilità ambientale. Sulla base della relazione sullo stato delle risorse idriche, gli strumenti di pianificazione definiscono le specifiche condizioni alle trasformazioni.

38.2 Fabbisogni produttivi (industria, agricoltura, zootecnia)

38.2.1 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione alto per gli indicatori relativi ai fabbisogni idrici produttivi, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le nuove previsioni di insediamenti produttivi e/o le previsioni di ampliamento delle esistenti, nonché gli interventi di trasformazione d’uso colturale delle aree agricole, alla preventiva dichiarazione di sostenibilità, in termini di consumi e smaltimento dei reflui, rilasciata dal competente A.T.O.

Gli stessi Comuni devono, comunque, attivare politiche per:

* l’utilizzo di fonti di approvvigionamento differenziate in relazione alla destinazione delle risorse idriche, riservando l’utilizzo di acque idropotabili per i soli usi che richiedono elevati livelli qualitativi;

* il riciclo di acque ‘interne’, il riuso di acque ‘esterne’ (da impianti di depurazione civili e/o da altri impianti produttivi), il riuso consortile o limitrofo di acque ‘interne’ con sistema di utilizzo a cascata, secondo i criteri definiti nella normativa tecnica attuativa della L. n° 36/94;

* la raccolta e l’impiego delle acque meteoriche;

* la diffusione dei metodi e delle apparecchiature per il risparmio idrico nei settori industriale e agricolo, promuovendo per quest’ultimo, in particolare, la sostituzione di irrigazione ad alta intensità con impianti a bassa intensità o con irrigazione localizzata;

Dovranno, in ogni caso, essere rispettate le prescrizioni di risparmio idrico definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia di risorse idriche.

38.2.2 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione medio per gli indicatori relativi ai fabbisogni idrici produttivi, le disposizioni di cui al precedente comma, si applicano alle nuove previsioni urbanistiche che comportano un incremento dei fabbisogni idrici, fatta salva comunque la necessità di rispettare le prescrizioni di risparmio idrico definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia di risorse idriche.

38.2.3 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione basso per gli indicatori relativi ai fabbisogni idrici produttivi, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le nuove previsioni per insediamenti produttivi, nonché gli interventi di trasformazione d’uso colturale delle aree agricole, al rispetto delle prescrizioni di risparmio idrico definite dalla vigente normativa nazionale e regionale.

38.2.4 Gli strumenti urbanistici comunali potranno prevedere il ripristino o la realizzazione di invasi non soggetti ad autorizzazione ai sensi della L.R. 64/2009 per finalità agricole o di antincendio. Tali invasi non dovranno essere alimentati da acqua sotterranea, ma dovranno accumulare acqua piovana nei mesi invernali quale riserva per i mesi estivi.

38.3 Fabbisogni civili

38.3.1 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione alto per gli indicatori relativi ai fabbisogni idrici civili, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le previsioni degli strumenti urbanistici alla preventiva dichiarazione di sostenibilità, in termini di consumi e smaltimento dei reflui, rilasciata dal competente A.T.O.

Deve, comunque, essere prevista:

* la razionalizzazione del sistema acquedottistico e il risanamento degli acquedotti inefficienti, anche al fine di ridurre le perdite ai valori tecnicamente accettabili (non più del 20%) e di eliminare ogni problema di deficit idrico;

* la razionalizzazione dei consumi di acqua idropotabile, attraverso l’utilizzo di fonti di approvvigionamento differenziate in relazione agli usi delle risorse idriche, riservando prioritariamente le acque di migliore qualità d’uso per il consumo umano e abbandonando progressivamente il ricorso ad esse per usi che non richiedono elevati livelli qualitativi.

Dovranno, in ogni caso, essere rispettate le prescrizioni di risparmio idrico definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia di risorse idriche.

38.3.2 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione medio per gli indicatori relativi ai fabbisogni fabbisogni idrici civili, le disposizioni di cui al precedente comma, si applicano alle nuove previsioni urbanistiche che comportano un incremento dei fabbisogni idrici, fatta salva comunque la necessità di rispettare le prescrizioni di risparmio idrico definite dalla vigente normativa nazionale e regionale.

38.3.3 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione basso per gli indicatori relativi ai fabbisogni idrici civili, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le nuove previsioni al rispetto delle prescrizioni di risparmio idrico definite dalla vigente normativa nazionale e regionale.

38.4 Copertura del servizio depurativo delle acque reflue e carico inquinante

38.4.1 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione alto per gli indicatori relativi alla copertura del servizio depurativo e al carico inquinante, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le previsioni degli strumenti urbanistici alla preventiva dichiarazione di sostenibilità, in termini di consumi e smaltimento dei reflui, rilasciata dal competente A.T.O.

Deve, comunque, essere :

* soddisfatta la necessità complessiva di depurazione, favorendo, in particolare per le piccole comunità, laddove esistano spazi adeguati, il ricorso a sistemi di fitodepurazione. Per le acque reflue di case o ville isolate, laddove non sia possibile e/o economicamente conveniente il collegamento alla pubblica fognatura, si dovrà ricorrere a sistemi individuali di smaltimento (trattamenti preliminari con fosse settiche o fosse Imhoff e subirrigazione, piccoli impianti di tipo aerobico al servizio di più abitazioni e subirrigazione, stagni di ossidazione o fitodepurazione), tenendo conto, nella progettazione degli stessi, della vulnerabilità idrogeologica;

* effettuata una verifica dello stato di efficienza della rete fognaria, progressivo miglioramento dell’impermeabilità e completamento della stessa in funzione delle esigenze attuali e/o dei nuovi interventi, prevedendo nelle zone di nuova urbanizzazione e nei rifacimenti di quelle preesistenti, salvo ragioni tecniche, economiche ed ambientali contrarie, il sistema di fognatura separata;

* previsto un miglioramento delle capacità autodepurative dei corsi d’acqua superficiali attraverso l’applicazione di interventi di manutenzione volti alla conservazione e/o al ripristino delle caratteristiche di naturalità dell’alveo fluviale, degli ecosistemi e delle fasce verdi ripariali e il rispetto delle aree di naturale espansione.

Dovranno, in ogni caso, essere rispettate le prescrizioni per la depurazione definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia di risorse idriche.

38.4.2 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione medio per gli indicatori relativi alla copertura del sistema depurativo e al carico inquinante, le disposizioni di cui al precedente comma (relativo ai comuni a livello di attenzione alto) si applicano agli interventi di trasformazione che comportano un incremento della necessità di depurazione dei reflui e/o un incremento del carico inquinante, fatta salva comunque la necessità, per tutte le nuove previsioni, di rispettare le prescrizioni in materia di smaltimento delle acque definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia di risorse idriche.

38.4.3 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione basso per gli indicatori relativi alla copertura del sistema depurativo e al carico inquinante, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le nuove previsioni al rispetto delle prescrizioni in materia di smaltimento delle acque definite dalla vigente normativa nazionale e regionale.

Art. 39 Il sistema aria

39.1 Prescrizioni generali

39.1.1 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione alto per almeno uno degli indicatori di fragilità ambientale del sistema aria (valutazione della qualità dell’aria ai sensi del D.Lgs. 351/1999 e succ mod e integrazioni), individuati nell’ambito della valutazione delle condizioni di fragilità ambientale (Tav. Q.C.15, Doc. P.2), si prescrive che gli strumenti di pianificazione includano una Relazione sullo Stato della Risorsa Aria, che individui lo stato di qualità dell’aria, le pressioni antropiche esercitate, nonché le politiche/interventi di controllo, tutela e risanamento in atto, con particolare riferimento agli elementi di crisi evidenziati dagli indicatori di fragilità ambientale. Sulla base della Relazione sullo Stato della Risorsa Aria gli strumenti di pianificazione, in accordo con le prescrizioni, gli indirizzi ed i parametri individuati dal P.T.C., definiscono le norme per la valutazione delle trasformazioni in relazione alla risorsa aria, e individuano, nell’ambito delle norme di Piano, condizioni alle trasformazioni.

39.1.2 Nello specifico, la Regione Toscana ha effettuato la Valutazione della qualità dell’aria ambiente e classificazione del territorio regionale ai sensi degli articoli 6,7,8 e 9 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 che attua la direttiva 96/62/CE del Consiglio in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente; valutazione e classificazione sono state fatte proprie dalla Giunta Regionale con Deliberazione n. 1325/2003. Ai sensi di tale delibera tutti i Comuni sono soggetti all’adozione di alcuni provvedimenti e precisamente:

  • a) nel caso di comuni che presentano superamento dei valori limite U.E. per più di una sostanza:
    • - predisporre un rapporto annuale relativo a tutti gli inquinanti, con la finalità di fornire un quadro sullo stato della qualità dell’aria, comprendente anche l’analisi delle cause/origini dei livelli di inquinamento;
    • - predisporre un piano di azione contenente le misure da attuare per rientrare nei valori limite tenendo conto di tutti gli inquinanti coinvolti e delle loro possibili interazioni, in modo da evitare che l’intervento su uno di essi comporti effetti negativi su di un altro;
  • b) nel caso di raggiungimento e/o superamento della soglia di attenzione e di allarme per più di 5 giorni consecutivi;
    • - adottare immediatamente gli interventi ritenuti più idonei fra quelli indicati nella normativa di riferimento;
  • c) nel caso di comuni che presentano rischio di superamento per più di una sostanza inquinante:
    • - predisporre un Piano d’Azione Comunale (P.A.C) affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori limite e le misure da attuare nel medio e lungo termine che procurino una riduzione strutturale delle emissioni, secondo i criteri individuati dalla vigente normativa di riferimento.
    • - Le misure e gli interventi previsti nei piani comunali dovranno essere recepiti e collegati con quelli previsti nei piani e nei programmi regionali e dovranno essere attuati per il raggiungimento dei valori limite entro quanto stabilito dal D.M 60/2002 e succ. mod e integrazioni;
  • d) per tutti gli altri comuni:
    • - mantenere le concentrazioni delle sostanze inquinanti a livelli tali da non comportare rischi di superamento dei limiti, e attuare tutte le azioni necessarie al fine di preservare la migliore qualità dell’aria.

39.2 Emissioni di origine industriale

Gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le previsioni di nuovi insediamenti produttivi o ampliamenti di esistenti o variazioni di ciclo produttivo, al soddisfacimento delle seguenti condizioni:

  • - controllo periodico della qualità dell’aria in prossimità delle zone interessate dalla presenza di attività produttive.
  • - conservazione della qualità dell'aria, affinché non si verifichino superamenti dei livelli di attenzione e di allarme e degli obiettivi di qualità fissati dalla vigente normativa nazionale e regionale,

39.3 Emissioni da traffico veicolare

Gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare gli interventi di trasformazione relativi alla rete infrastrutturale, gli interventi che prevedano nuovi insediamenti o ampliamenti di esistenti, nonché gli interventi di riordino funzionale degli insediamenti, al soddisfacimento delle seguenti condizioni:

  • - controllo periodico della qualità dell’aria in prossimità delle strade ad intenso traffico veicolare;
  • - conservazione della qualità dell'aria, affinché non si verifichino superamenti dei livelli di attenzione e di allarme e degli obiettivi di qualità fissati dalla vigente normativa nazionale e regionale, attraverso la riduzione dei flussi di traffico veicolare (potenziamento del servizio di trasporto pubblico, realizzazione di piste ciclabili, realizzazione di percorsi pedonali, ecc…);
  • - prioritaria valutazione e adozione di misure finalizzate alla riduzione delle emissioni inquinanti nella definizione dei piani urbani del traffico, degli interventi di riorganizzazione e razionalizzazione del traffico, e nelle scelte localizzative delle funzioni.

39.4 Emissioni di origine civile

Gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le nuove previsioni relative alla residenza e alle attività a questa collegate, alla conservazione della qualità dell'aria e degli obiettivi di qualità fissati dalla vigente normativa nazionale e regionale, affinché non si verifichino superamenti dei livelli di attenzione e di allarme attraverso la stabilizzazione delle emissioni inquinanti e climalteranti derivanti dai consumi di fonti energetiche, con interventi di razionalizzazione dei consumi stessi, cos&igrave come indicato nella normativa relativa ai consumi di fonti energetiche, di cui ai successivi paragrafi relativi al sistema energia.

Art. 40 Il sistema energia

40.1 Prescizioni generali

40.1.1 Il presente articolo classifica nella Tav. Q.C.15 e disciplina differentemente, in base ai consumi energetici individuati nell’ambito della valutazione delle condizioni di fragilità ambientale (Doc. P.3), i Comuni in :

* Comuni con livello d’attenzione alto.

* Comuni con livello d’attenzione medio.

* Comuni con livello d’attenzione basso.

40.1.2 I Comuni con livello d’attenzione alto, sono tenuti ad includere negli strumenti di pianificazione un bilancio energetico annuale, che individui i livelli attuali di consumo delle diverse fonti energetiche.

Sulla base del confronto tra i risultati del Bilancio Energetico annuale ed i livelli di consumo del 1990, i Comuni con livello d’attenzione alto definiscono negli strumenti di pianificazione le norme per la valutazione delle trasformazioni in relazione alla risorsa aria e alle risorse energetiche, e subordinano le previsioni di trasformazione al rispetto delle prescrizioni dei comma successivi.

40.1.3 Tutti i Comuni sono tenuti ad osservare, nei loro strumenti urbanistici i criteri di cui ai comma seguenti;

40.1.4 Il PIER riconosce in materia energetica un ruolo di co-programmazione alle Province. La Provincia è infatti chiamata ad elaborare propri piani energetici da tenere in stretto rapporto con i Piani Territoriali di Coordinamento.

40.2 Criteri per il risparmio energetico disciplina per energie rinnovabili

40.2.1 Disciplina del risparmio energetico negli insediamenti civili

40.2.1.1 I Comuni sono tenuti, nell’ambito dei propri piani strutturali e degli altri strumenti urbanistici, a valutare la sostenibilità delle proprie previsioni prevedendo, per significative trasformazioni del territorio, l’integrazione tra il sito e gli involucri edilizi, con la finalità di recupero in forma “passiva” della maggior parte dell’energia necessaria a garantire le migliori prestazioni per i diversi usi finali.

40.2.1.2 Ai fini di cui al punto precedente, nelle previsioni di nuovi insediamenti, prima della fase di definizione della disposizione delle strade e degli edifici, dovrà essere redatta una relazione descrittiva del sito contenente:

  • - caratteristiche fisiche del sito: pendenze, percorso del sole nelle diverse stagioni, direzione, intensità, stagionalità dei venti prevalenti ecc.;
  • - contesto del sito: edifici e strutture adiacenti, relazione dell'area con strade esistenti, altre caratteristiche rilevanti (viste sul panorama circostante, orientamento dell’appezzamento, ecc...);
  • - le ombre prodotte dalle strutture esistenti sul sito o adiacenti ad esso;
  • - gli alberi sul sito o adiacenti ad esso, identificandone la posizione, la specie, le dimensioni e le condizioni.

40.2.1.3 Sulla base dell'analisi precedente i piani strutturali prevederanno per i loro strumenti attuativi che il lay-out delle strade, dei lotti da edificare e dei singoli edifici dovrà tendere a:

  • - garantire un accesso ottimale alla radiazione solare per tutti gli edifici, in modo che la massima quantità di luce naturale risulti disponibile anche nella peggiore giornata invernale (21 dicembre);
  • - consentire che le facciate ovest degli edifici possano essere parzialmente schermate da altri edifici o strutture adiacenti per limitare l'eccessivo apporto di radiazione termica estiva, se ciò lascia disponibile sufficiente luce naturale;
  • - garantire accesso al sole per tutto il giorno per tutti gli impianti solari realizzati o progettati o probabili (tetti di piscine, impianti sportivi, strutture sanitarie o altre con elevati consumi di acqua calda sanitaria);
  • - trarre vantaggio dei venti prevalenti per strategie di ventilazione/raffrescamento naturale degli edifici e delle aree di soggiorno esterne (piazze, giardini ecc..);
  • - predisporre adeguate schermature di edifici ed aree di soggiorno esterne dai venti prevalenti invernali;
  • - ridurre l’effetto “isola di calore” mediante un’opportuna progettazione del verde ed attraverso il controllo dell’arredo delle superfici di pavimentazione pubblica.

40.2.1.4 I Comuni sono altres&igrave tenuti, nell’ambito dei propri piani strutturali e degli altri strumenti urbanistici, a valutare la sostenibilità delle proprie previsioni prevedendo criteri tecnico-costruttivi, tipologici ed impiantistici idonei a facilitare e valorizzare il risparmio energetico e l’impiego di fonti energetiche rinnovabili per il riscaldamento, il raffrescamento, la produzione di acqua calda sanitaria, l’illuminazione, la dotazione di apparecchiature elettriche degli edifici in relazione alla loro destinazione d’uso e in stretto rapporto con il tessuto urbano e territoriale circostante, anche incentivando la realizzazione di impianti centralizzati, dotati di tutti i dispositivi sufficienti a garantire la contabilizzazione individuale dei consumi e la personalizzazione del microclima.

Tali criteri devono portare alla riduzione dei consumi energetici assoluti e specifici (kWh/m2/anno) rispetto allo standard attuale, come pure alla riduzione dell’impiego delle risorse energetiche non rinnovabili.

40.2.2 Disciplina per il risparmio energetico negli insediamenti produttivi

I Comuni sono tenuti, nell’ambito dei propri piani strutturali e degli altri strumenti urbanistici, a valutare la sostenibilità delle proprie previsioni di insediamenti produttivi, corredando gli atti di opportune elaborazioni atte a valutare la fattibilità tecnico-economica:

  • - dell’uso della cogenerazione per la soddisfazione, elettrica e termica, dei fabbisogni energetici degli insediamenti previsti nell’area;
  • - dell’uso di scarti di calore da processi produttivi per la soddisfazione dei fabbisogni energetici degli insediamenti previsti nell’area;
  • - della possibilità di cessione degli scarti termici degli insediamenti previsti nell’area all’insieme di fabbisogni civili presenti nell’intorno dell’area stessa;

considerando i seguenti elementi:

  • - tipologia delle tecnologie utilizzate, con riferimento alla valutazione delle migliori tecnologie disponibili in modo da minimizzare, compatibilmente con altre restrizioni di carattere ambientale, l’uso e l’impatto delle fonti energetiche;
  • - tipologia delle fonti energetiche utilizzate nei processi produttivi in relazione all’ottimizzazione delle modalità di reperimento delle stesse (impiego di sistemi funzionanti in cogenerazione, utilizzo di calore di processo, utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, ecc..);
  • - modalità di scelta in merito alla gestione dell’intera filiera produttiva.

40.2.3 Il PTC e i piani strutturali dei comuni recepiscno le norme regionali vigenti in tema di localizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, tenendo comunque conto delle seguenti priorità:

  • - valorizzare i potenziali energetici delle diverse risorse rinnovabili del territorio (per ogni territorio, l’opportuna fonte rinnovabile);
  • - ricorrere a criteri progettuali volti ad ottenere il minor consumo possibile di territorio, sfruttando al meglio le risorse disponibili, tutelando il terreno fertile deputato alla produzione agroalimentare;
  • - favorire prioritariamente il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche,pregresse o in atto, quali siti industriali, cave, discariche, siti contaminati, perseguendo l’obiettivo della minimizzazione delle interferenze con il territorio;
  • - favorire una localizzazione e una progettazione legata alla specificità dell’area, con particolare riguardo alla caratteristiche delle aree agricole. In particolare si dovrà tener conto della presenza di zone agricole caratterizzate da produzioni agroalimentari di qualità e/o particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico- culturale. L’ uso del suolo agricolo per l’istallazione di fonti rinnovabili è auspicabile solo se legato allo sviluppo della multifunzionalità delle aree agricole, al fine del raggiungimento dell’obiettivo dell’autosufficienza energetica.
  • - Investire sulle energie alternative privilegiando i piccoli impianti. A tal fine dovranno essere compiute verifiche di carattere ambientale e paesistico per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili di energia in aree agricole, con particolare riferimento a biomassa ed eolico.

40.3 Criteri per la realizzazione di impianti di climatizzazione a scala territoriale

40.3.1 Principi generali

Negli strumenti urbanistici di propria competenza, i Comuni provvederanno a inserire norme, criteri e indirizzi finalizzati alla ricerca di soluzioni che privilegino il soddisfacimento dei fabbisogni termici mediante teleriscaldamento.

Pertanto, nella previsione di aree di nuovo insediamento si deve, altres&igrave, prevedere la realizzazione di una rete di teleriscaldamento a servizio dell’area stessa.

Tali reti di teleriscaldamento dovranno essere progettate considerando, in funzione del fabbisogno da soddisfare, la possibilità di introdurre sistemi che sfruttino fonti energetiche rinnovabili (biomassa, geotermia a bassa entalpia, solare, ecc.), come pure sistemi funzionanti in regime di cogenerazione.

Art. 41 Il sistema rifiuti

41.1 Prescrizioni generali per i Comuni

41.1.1 I Piani Strutturali comunali si conformano ai contenuti del P.T.C. e del Piano provinciale in materia di rifiuti ed aree da bonificare, ai sensi della normativa vigente.

41.1.2 Piani Strutturali commisurano le variazioni demografiche, commerciali e produttive alla effettiva capacità di gestione dello smaltimento dei rifiuti attraverso gli impianti esistenti o il loro potenziamento, cos&igrave come certificato dall’Autorità d’Ambito competente.

41.1.3 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione alto per almeno uno degli indicatori di fragilità ambientale del sistema rifiuti (produzione pro capite di rifiuti urbani e speciali e raccolta differenziata) individuati nell’ambito della valutazione delle condizioni di fragilità ambientale (Tav. Q.C.15, Doc. P.2), si prescrive che gli strumenti di pianificazione includano una Relazione sullo Stato del Sistema Rifiuti, che individui le pressioni antropiche, nonché le politiche/interventi di controllo, tutela e risanamento in atto, con particolare riferimento agli elementi di crisi evidenziati dagli indicatori di fragilità ambientale.

41.1.4 Sulla base della Relazione sullo Stato del Sistema Rifiuti, gli strumenti di pianificazione, in accordo con le prescrizioni, gli indirizzi ed i parametri individuati dal P.T.C., definiscono le norme per la valutazione delle trasformazioni in relazione al sistema rifiuti, e individuano, nell’ambito delle norme di Piano, specifiche condizioni alle trasformazioni.

41.2 Produzione pro capite e raccolta differenziata dei rifiuti urbani

41.2.1 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione alto per gli indicatori relativi alla produzione pro-capite di rifiuti e alla raccolta differenziata, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le previsioni di trasformazione al soddisfacimento delle seguenti condizioni:

  • - vengano considerate, nella definizione dei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi, nonché nella trasformazione degli insediamenti esistenti, le esigenze del servizio di gestione (raccolta, riutilizzo, recupero, riciclaggio e smaltimento) dei rifiuti urbani, al fine di contribuire al conseguimento, a livello comunale, degli obiettivi di riduzione della produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata definiti dal D.L. n° 22/97 e dal Piano Regionale e dal Piano Provinciale di Gestione dei consumi dei Rifiuti;
  • - vengano considerate, nelle scelte localizzative delle funzioni, le esigenze di raccolta differenziata delle diverse categorie merceologiche dei rifiuti (con particolare attenzione al recupero di carta, organico e imballaggi da grandi utenze o comparti territoriali omogenei);
  • - vengano individuate, per gli insediamenti esistenti e per i nuovi interventi di trasformazione, appositi ed adeguati spazi per isole ecologiche e deposito temporaneo dei materiali di riciclaggio, al fine della migliore organizzazione del servizio di raccolta differenziata, commisurati agli obiettivi minimi fissati dal D.L. 22/97 e dal Piano Regionale e dal Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti, prevedendo prioritariamente il riutilizzo a tale fine di aree dismesse (ad es. i siti da bonificare), tenendo conto delle prescrizioni dei Piani suddetti;
  • - vengano, comunque, rispettate le prescrizioni sulla produzione e lo smaltimento dei rifiuti definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia, nonché del Piano Regionale e dal Piano Provinciale di gestione dei rifiuti.

41.2.2 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione medio per gli indicatori relativi alla produzione pro capite di rifiuti e alla raccolta differenziata, le disposizioni di cui al precedente comma (relativo ai Comuni a livello di attenzione alto), si applicano agli interventi di trasformazione che comportano un incremento della produzione di rifiuti; è fatta salva comunque la necessità di considerare, nella definizione dei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi, nonché nella trasformazione degli insediamenti esistenti, le esigenze del servizio di gestione (raccolta, riutilizzo, recupero, riciclaggio e smaltimento) dei rifiuti, nonché la necessità di rispettare le prescrizioni sulla produzione e lo smaltimento dei rifiuti definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia, nonché nel Piano Regionale e nel Piano Provinciale di gestione dei rifiuti.

41.2.3 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione basso per gli indicatori relativi alla produzione pro-capite di rifiuti e alla raccolta differenziata, gli strumenti urbanistici comunali devono considerare, nella definizione dei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi, nonché nella trasformazione degli insediamenti esistenti, le esigenze del servizio di gestione (raccolta, riutilizzo, recupero, riciclaggio e smaltimento) dei rifiuti urbani e devono rispettare le prescrizioni sulla produzione e lo smaltimento dei rifiuti definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia, nonché nel Piano Regionale e nel Piano Provinciale di gestione dei rifiuti.

41.3 Produzione di rifiuti speciali

41.3.1 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione alto per gli indicatori relativi alla produzione di rifiuti speciali, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le previsioni di trasformazione al soddisfacimento delle seguenti condizioni:

* vengano considerate, nella definizione dei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi, nonché nella trasformazione degli insediamenti esistenti, le esigenze del servizio di gestione (raccolta, recupero, riciclaggio e smaltimento) dei rifiuti speciali, pericolosi e non, al fine di contribuire al conseguimento, a livello comunale, degli obiettivi definiti dal D.L. n° 22/97 e dal Piano ni Regionale e dal Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti;

* vengano individuate, per gli insediamenti esistenti e per i nuovi interventi di trasformazione che producono rifiuti speciali, appositi ed adeguati spazi per il corretto stoccaggio/smaltimento, commisurati agli indirizzi fissati dal D.L. 22/97 e dai Piani Regionale e Provinciale di Gestione dei Rifiuti, prevedendo prioritariamente il riutilizzo a tale fine di aree dismesse (ad es. i siti da bonificare), tenendo conto delle prescrizioni dei Piani suddetti;

* vengono, comunque, rispettate le prescrizioni sulla produzione e lo smaltimento dei rifiuti definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia, nonché rifiuti.

41.3.2 Per i Comuni che presentano un livello di attenzione medio per gli indicatori relativi alla produzione pro capite di rifiuti speciali le disposizioni di cui al precedente comma (relativo ai comuni a livello di attenzione alto) si applicano alle previsioni di trasformazione che comportano un incremento della produzione di rifiuti speciali; è fatta salva comunque la necessità di considerare, nella definizione dei nuovi insediamenti, commerciali e produttivi, nonché nella trasformazione degli insediamenti esistenti, le esigenze del servizio di gestione (raccolta, recupero, riciclaggio e smaltimento) dei rifiuti speciali, pericolosi e non, nonché la necessità di rispettare le prescrizioni sulla produzione e lo smaltimento dei rifiuti definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia, nonché nel Piano Regionali nel Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti.

41.3.3 Per i comuni che presentano un livello di attenzione basso per gli indicatori relativi alla produzione di rifiuti speciali gli strumenti urbanistici comunali devono considerare, nella definizione dei nuovi insediamenti produttivi, nonché nella trasformazione degli insediamenti esistenti, le esigenze del servizio di gestione (raccolta, recupero, riciclaggio e smaltimento) dei rifiuti speciali, pericolosi e non, e devono rispettare le prescrizioni sulla produzione e lo smaltimento dei rifiuti definite dalla vigente normativa nazionale e regionale in materia, nonché nel Piano Regionale e nel Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti.

Art. 42 Il sistema rumore

42.1 Tutti i Comuni sono tenuti a redigere un Piano di Classificazione Acustica del territorio ai sensi della vigente normativa in materia.

I Comuni che non presentino il Piano di Classificazione Acustica, sono comunque tenuti ad includere negli strumenti di pianificazione un idoneo quadro conoscitivo, volto all’individuazione e classificazione delle principali infrastrutture ed attività rumorose presenti sul territorio comunale.

42.2 Gli strumenti urbanistici comunali subordinano tutte le trasformazioni al soddisfacimento delle condizioni definite dal Piano di Classificazione Acustica, o in assenza di questo, dal quadro conoscitivo. In particolare essi devono:

* verificare la compatibilità della localizzazione di ogni intervento con la relativa classe acustica di riferimento;

* controllare il livello sonoro degli impianti e delle attività potenzialmente rumorosi esistenti e valutare l’inquinamento acustico potenzialmente prodotto da nuove attività;

* controllare e contenere le emissioni prodotte per lo svolgimento di servizi pubblici essenziali (linee ferroviarie, metropolitane, autostrade e strade statali e regionali) attraverso l’approvazione, anche per stralci, dei piani di risanamento acustico, predisposti dagli enti gestori delle stesse;

* garantire in ogni caso il rispetto dei limiti ed il perseguimento degli obiettivi di riduzione dei livelli di inquinamento acustico stabiliti dalla vigente normativa.

Tutti i Comuni, sprovvisti di Regolamento Urbanistico, sono tenuti ad approvare il Piano di Classificazione Acustica prima o contestualmente all’ adozione del Regolamento Urbanistico.

In caso di Regolamento Urbanistico. già approvato, il Comune verificherà, in sede di formazione del P.C.C.A., il rispetto della normativa vigente in materia, in relazione alle previsioni localizzative del RU.

Art. 43 Il sistema radiazioni non ionizzanti

43.1 Gli strumenti urbanistici comunali , in relazione a nuove previsioni insediative, in prossimità di linee di alta tensione dovranno rispettare i corridoi di salvaguardia, come individuati nelle Tavole allegate al “Monitoraggio e controllo dell’impatto elettromagnetico prodotto dalle linee di alta tensione”,effettuato dall’ ARPAT nel 2005;

43.2 Con riferimento alla presenza o alla nuova ubicazione di impianti di radiocomunicazione o di impianti e linee elettriche, gli strumenti urbanistici comunali devono subordinare le previsioni di trasformazione al soddisfacimento delle seguenti condizioni:

  • a) per i nuovi edifici o luoghi residenziali in prossimità di linee o impianti per la distribuzione dell’energia elettrica si prescrive, il rispetto dei limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici fissati dalla vigente normativa;
  • b) nelle aree sulle quali insistono elettrodotti (linee elettriche, sottostazioni e cabine di trasformazione), devono essere previste tutte le opportune precauzioni in modo tale che il campo elettrico e magnetico generato rimanga entro i limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, fissati dalla vigente normativa, con valutazioni e misurazioni dei campi;
  • c) si prescrive di non installare antenne e stazioni radiobase per cellulari in prossimità di scuole, asili e altri luoghi per l’infanzia, senza una preventiva valutazione e successive misurazioni dei campi;
  • d) nelle aree soggette a tutela degli interessi storici, artistici, architettonici, archeologici e ambientali, gli elettrodotti devono correre in cavo sotterraneo e devono altres&igrave essere previste, in fase di progettazione, particolari misure, onde evitare danni irreparabili ai valori paesaggistici e ambientali tutelati;
  • e) controllo periodico dei livelli di campo magnetico, in prossimità degli elettrodotti e delle antenne e stazioni radiobase.

43.3 In ogni caso deve essere data piena attuazione alla legislazione statale e regionale vigente in relazione alla procedura di autorizzazione all’istallazione/modifica degli impianti di radiocomunicazione e sulle linee elettriche e gli impianti elettrici.

Art. 44 Aziende insalubri e rischio di incidente rilevante

Il P.T.C. identifica e georeferenzia gli impianti a rischio di incidente rilevante; le assume nel proprio quadro conoscitivo Tav. Q.C.16 e mette a disposizione le conoscenze disponibili relative agli elementi territoriali ed ambientali vulnerabili:

  • - insediamenti, (residenziali, produttivi e servizi, in particolare d’interesse sovracomunale),
  • - infrastrutture per la mobilità e reti tecnologiche,
  • - beni culturali ed i beni ambientali (D.lgs 490/1999 e succ mod e integrazioni ) le Aree Protette o ambiti interessanti per gli ecosistemi della flora e della fauna e per la qualità del paesaggio..)
  • - condizioni di fragilità della risorsa suolo (pericolosità geomorfologica) ed acqua (pericolosità idraulica ed idrogeologica).

Tali conoscenze costituiscono il riferimento per i Comuni per la formazione di dettaglio dei quadri conoscitivi degli elementi territoriali ed ambientali vulnerabili.

44.1 Disposizioni generali

44.1.1 I Comuni con impianti a rischio d’incidente rilevante, sulla base delle informazioni fornite dai gestori degli impianti e delle aree di danno, determinate in relazione ai differenti scenari incidentali e agli elementi territoriali ed ambientali vulnerabili, coinvolti:

  • - elaborano il documento tecnico “Rischio d’incidenti Rilevanti” (R.I.R.) per il controllo delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, come previsto dall’allegato al D.lgsn.334/1999, definendo gli inviluppi delle aree di danno e le categorie territoriali compatibili (DM 09/05/2001);
  • - adeguano conseguentemente il proprio strumento urbanistico, con specifiche prescrizioni, al fine di mitigare gli eventuali danni sugli elementi territoriali ed ambientali vulnerabili.

L’adeguamento dello strumento urbanistico comunale costituisce conseguente adeguamento del P.T.C.

44.1.2 Nei casi di nuovi stabilimenti o di modifiche agli stabilimenti che possano aggravare il rischio d’incidenti, si dovrà tenere conto della specifica situazione del contesto ambientale, prendendo in esame anche fattori che possono influire negativamente sugli scenari accidentali (es. zone a rischo idraulico, idrogeologico, presenza di zone sismiche ecc.), individuate in base alla normativa nazionale e regionale, dal P.T.C. o dagli strumenti urbanistici.

Valgono comunque nel caso sia di un nuovo impianto, che nella rilocalizzazione di un impianto esistente, le seguenti disposizioni:

  • - l’ubicazione delle nuove industrie a rischio di incidente rilevante dovrà essere prevista in aree a bassa pericolosità geomorfologia, idraulica e a bassa vulnerabilità idrogeologica:
    • - a debita distanza dai centri abitati e da insediamenti, da infrastrutture per la mobilità e da infrastrutture tecnologiche vulnerabili;
    • - da insediamenti produttivi per i quali si possano determinare effetti domino;
    • - da insediamenti di valore culturale,
    • - da aree appartenenti al sistema ambientale (L.394/91, L.R. 49/95, L.R. 56/2000 e succ modifiche e integrazioni)
    • - da aree di tutela ambientale appositamente definite dagli strumenti urbanistici,
    • - da insediamenti di pregio culturale,
  • - nei processi produttivi e/o negli stoccaggi di sostanze pericolose relativi agli impianti a rischio di incidente rilevante, dovranno essere previste tecnologie e modalità tali da non comportare rischi per la popolazione e per l’ambiente.

44.1.3 Ogni Comune nel cui territorio è presente un impianto a rischio d’incidente rilevante in art.8 del D.lgs 334/1999 (S.Croce e Volterra) si dota di un Piano di Emergenza Esterno, (P.E.E.) coordinato con quello Provinciale, al fine di definire i comportamenti e le misure di auto protezione nelle zone a rischio esterne allo stabilimento .

44.2 Disposizioni specifiche

44.2.1 Nel Sistema territoriale della Pianura dell’Arno, il Comune di S. Croce S.A., dovrà tenere conto in particolare del possibile effetto domino, oltre che del rischio naturale idraulico proveniente dall’esterno dell’azienda.

44.2.2 I Comuni di Pisa, S-Miniato e Pontedera, in ragione della vicinanza ad insediamenti urbani prevalentemente residenziali ed a importanti infrastrutture per la mobilità, dovranno prevedere misure idonee per mitigare i danni potenziali, in ragione della popolazione delle risorse sensibili presenti.

44.2.3 Nel Sistema delle Colline Interne e Meridionali, dove la sola industria a rischio è in Saline di Volterra, il comune di Volterra in ragione della prossimità dell’impianto produtttivo agli insediamenti abitati. dovrà valutare gli scenari di rischio, tenendo conto specificatamente delle problematiche di mobilità, di accessibilità alle strutture del servizio sanitario, in particolare quelle ospedaliere, della vulnerabilità geomorfologia.