Norme Tecniche del Regolamento Urbanistico

CAPO I TUTELA DELLE RISORSE NATURALI

Art. 49 ARIA

1. I piani attuativi, i progetti unitari e le opere pubbliche perseguono le indicazioni derivanti dal piano di classificazione acustica vigente.

2. I piani attuativi, i progetti unitari e le opere pubbliche, relativamente agli insediamenti prevalentemente residenziali o misti, dimensionano, integrano e distribuiscono in modo organico nei tessuti insediativi, il complesso delle funzioni privilegiando modalità che non inducano inutile mobilità, anche attraverso un adeguato sviluppo ed uso delle reti informatiche, nonché provvedendo al riordino della circolazione veicolare e del trasporto pubblico locale.

3. I piani attuativi di cui, i progetti unitari e le opere pubbliche, per la costruzione di nuove strade, devono prevedere misure atte ad assicurare che siano realizzate con tutte le precauzioni contro il degrado dell’ambiente, l’inquinamento chimico e acustico.

4. I nuovi interventi riguardanti la realizzazione delle attività produttive dovranno contenere una specifica relazione che dimostri il rispetto delle norme sull'inquinamento atmosferico.

5. Il Regolamento Edilizio dovrà essere aggiornato sulla base degli indirizzi dati dalla Scheda 2B del P.T.C. riguardante il rischio da emissioni radon.

Art. 50 DIRETTIVE PER IL RISPARMIO IDRICO

1. Ai fini del perseguimento del massimo risparmio idrico, mediante la razionalizzazione dei consumi di acqua idropotabile, i piani attuativi, i programmi aziendali pluriennali di miglioramento agricolo ambientale, i progetti unitari e le opere pubbliche devono prevedere, con il consenso dell’Autorità di ambito territoriale ottimale n. 6, le seguenti misure:

  • - nelle nuove previsioni insediative o nelle previsioni di incremento degli insediamenti esistenti, la preliminare o contestuale realizzazione di reti idriche duali fra uso potabile e altri usi negli insediamenti abitativi e negli insediamenti commerciali e produttivi;
  • - nelle nuove previsioni insediative o nelle previsioni di incremento degli insediamenti esistenti, la preliminare o contestuale realizzazione di sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e le acque reflue;
  • - l’utilizzo di fonti di approvvigionamento differenziate in relazione all’uso finale delle risorse idriche, riservando prioritariamente le acque di migliore qualità al consumo umano e abbandonando progressivamente il ricorso a esse per usi che non richiedono elevati livelli qualitativi;
  • - il reimpiego delle acque reflue, depurate e non;
  • - negli insediamenti produttivi, l’accumulo e il riutilizzo di acque reflue o già usate nel ciclo produttivo;
  • - per gli usi agricoli, l’accumulo e il riutilizzo delle acque piovane e la raccolta e il riutilizzo delle acque reflue depurate;
  • - l’adeguamento delle fognature bianche o miste in modo da garantire che fenomeni di rigurgito non interessino il piano stradale;
  • - la diffusione dei metodi e delle apparecchiature per il risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario e agricolo;
  • - I progetti dei piani attuativi, i progetti unitari e le opere pubbliche devono essere preventivamente verificati con l’Autorità di ambito territoriale ottimale n. 6 affinché il bilancio complessivo dei fabbisogni idrici non comporti il superamento delle disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell’area di riferimento;
  • - Negli interventi che comportano incrementi di prelievi idrici a fini produttivi, i soggetti promotori devono provvedere all’individuazione precisa delle fonti di approvvigionamento, fermo restando il prioritario ricorso alle misure indicate comma 1, dovendosi preferire, ove possibile, il ricorso alle acque di qualità meno pregiata;
  • - I progetti dei piani attuativi, i progetti unitari e le opere pubbliche devono prevedere l’adeguamento, il rinnovamento e il potenziamento delle reti di smaltimento delle acque reflue, facilitando l’accessibilità per la manutenzione degli impianti e limitando le interferenze con le reti di trasporto;
  • - I piani attuativi, i progetti unitari e le opere pubbliche, negli interventi di nuova edificazione o derivanti da demolizioni e ricostruzioni, negli insediamenti abitativi e negli insediamenti commerciali e produttivi, subordinano la realizzazione degli interventi alla contestuale attuazione di tutte le opere di infrastrutturazione del territorio che garantiscano la riqualificazione funzionale ed ambientale;
  • - I piani attuativi, i programmi aziendali pluriennali di miglioramento agricolo ambientale, i progetti unitari e le opere pubbliche devono prevedere, per il territorio agricolo, la riconversione di sistemi di approvvigionamento idrico e la ristrutturazione di opere di derivazione, accumulo e distribuzione idrica a livello interaziendale al fine di gestire in modo ottimale le risorse idriche diminuendone il consumo e contrastando fenomeni di degrado ambientale a carico dei terreni agricoli e delle acque superficiali e profonde;
  • - Laddove non sia possibile, o economicamente conveniente, il collegamento alla pubblica fognatura dei piccoli insediamenti e degli edifici isolati, è prescritto il ricorso a sistemi individuali di smaltimento (trattamenti preliminari con fosse settiche o fosse Imhoff e subirrigazione; piccoli impianti di tipo aerobico al servizio di più abitazioni e subirrigazione; stagni di ossidazione o fitodepurazione), tenendo conto, in ogni caso, della vulnerabilità idrogeologica del sito, ma puntando a privilegiare la fitodepurazione a basso impatto ambientale.

Art. 51 VULNERABILITA' DELL'ACQUIFERO

1. Il PTC provinciale persegue l’obbiettivo di tutelare gli acquiferi di importanza strategica per la Provincia di Grosseto, nonché di tutelare in maniera diffusa i corpi idrici sotterranei, con discipline differenziate in funzione delle problematiche idrogeologiche e quindi del loro grado di vulnerabilità.

2. I gradi di vulnerabilità individuati dal PTC non corrispondono con quelli individuati dal Piano Strutturale Comunale; di seguito si riporta la tabella che definisce le correlazioni tra le due diverse classificazioni adottate e le disposizioni specifiche per le aree a diverso grado di vulnerabilità.

PTC PS Grado di vulnerabilità Estremamente Elevato ed Elevato Alto Grado di vulnerabilità Alto - medio Medio Grado di vulnerabilità Medio - basso Bassissimo - Nullo Irrilevante 3. Le classi di vulnerabilità della falda del territorio comunale di Santa Fiora sono riportate nelle tavole di Livello D

Disposizioni specifiche per le aree con grado di vulnerabilità Alto

4. In queste aree dovranno essere evitati qualsiasi uso o attività in grado di generare, in maniera effettivamente significativa, l’infiltrazione nelle falde di sostanze inquinanti oppure di diminuire - ad esempio a causa di scavi, perforazioni o movimenti di terra rilevanti - il tempo di percolazione delle acque dalla superficie all’acquifero soggiacente.

5. Tra gli usi e le attività incompatibili con la tutela delle aree in oggetto sono annoverati:

  • - la realizzazione di impianti di stoccaggio o trattamento rifiuti di qualsiasi tipo con esclusione di isole ecologiche aree di trasferimento, e aree attrezzate comunali per la raccolta differenziata di rifiuti solidi urbani nei casi di comprovata necessità, e non de-localizzabili, da far constatare negli atti autorizzativi;
  • - la realizzazione di centri di raccolta, demolizione, rottamazione di autoveicoli, di macchine utensili, di beni di consumo durevoli, anche domestici;
  • - attività comportanti l’impiego, la produzione, lo stoccaggio di sostanze pericolose, sostanze radioattive, cos&igrave come individuate dalla vigente normativa nazionale e comunitaria, ivi comprese quelle sostanze che, in base alle loro caratteristiche di tossicità, persistenza e bio-accumulabilità, possono essere ritenute tali;
  • - la realizzazione di tubazioni di trasferimento di liquidi diversi dall’acqua.

6. Nei corpi idrici superficiali ricadenti nelle aree in argomento o comunque ad esse connessi, le caratteristiche qualitative delle acque dovranno rientrare, in tutte le condizioni di portata, in quelle stabilite dal D.lgs. 152/2006.

7. Nei corpi idrici di cui sopra i depuratori di reflui urbani ed industriali saranno dotati, se di nuova realizzazione, di opere e impianti accessori atti ad evitare il rischio di inquinamento connesso al fermo impianti, nonché a garantire l’eventuale stoccaggio dei reflui addotti all’impianto per un periodo minimo di 24 ore.

8. Le pratiche colturali dovranno prevenire il dilavamento di nutrienti e fitofarmaci, in applicazione del “Codice di buona pratica agricola” redatto dall’A.R.S.I.A., di cui agli approfondimenti monografici del S.I.T.P.. Nell’esercizio delle attività agricole è vietato lo spandimento di fanghi provenienti da impianti di depurazione.

9. Nelle zone ad Alta vulnerabilità della falda, sono vietate le tipologie edilizie che richiedano la realizzazione di pali o scavi profondi che creino vie preferenziali di infiltrazione dal suolo alle falde sottostanti. Tali divieti sono applicati a tutte le tipologie edilizie, comprese quelle approvate sulla base dei Programmi di Miglioramento Agricolo Ambientale.

10. Ai sensi di quanto previsto dalla scheda 3C (Direttiva tecnica per la tutela della risorsa idrica) del PTC provinciale del 2009, nell’area dell’acquifero del Monte Amiata sono vietate di norma le perforazioni di pozzi per usi differenti da quelli idropotabili e lo smaltimento di acque reflue con impianti di sub-irrigazione.

Disposizioni specifiche per le aree con grado di vulnerabilità Media

11. In queste aree le attività antropiche dovranno essere realizzate in modo da perseguire la limitazione delle infiltrazioni di sostanze inquinanti. I depuratori di reflui urbani e industriali, se di nuova realizzazione, dovranno essere dotati di opere e impianti accessori atti ad evitare il rischio di inquinamento connesso al fermo impianti, nonché a garantire l’eventuale stoccaggio dei reflui addotti all’impianto per un periodo minimo di 24 ore.

12. Dovranno essere previsti opere e impianti accessori atti ad evitare il rischio di inquinamento delle falde anche per la realizzazione di:

  • - impianti e strutture di depurazione di acque reflue, ivi comprese quelle di origine zootecnica;
  • - impianti di raccolta, stoccaggio o trattamento rifiuti di qualsiasi tipo;
  • - centri di raccolta, demolizione, rottamazione di autoveicoli, di macchine utensili, di beni di consumo durevoli, anche domestici;
  • - attività comportanti l’impiego, la produzione, lo stoccaggio di sostanze nocive, sostanze radioattive, prodotti e sostanze chimiche pericolose, cos&igrave come individuate dalla vigente normativa nazionale e comunitaria, ivi comprese quelle sostanze che, in base alle loro caratteristiche di tossicità, persistenza e bioaccumulabilità, possono essere ritenute tali;
  • - tubazioni di trasferimento di liquidi diversi dall’acqua.

13. Nei corpi idrici superficiali ricadenti nelle aree in argomento o comunque ad esse connessi, le caratteristiche qualitative delle acque dovranno rientrare, in tutte le condizioni di portata, in quelle stabilite dal D.lgs. 152/2006.

Disposizioni specifiche per le aree con grado di vulnerabilità Irrilevante

14. Pur non prevedendo specifiche norme di tutela, in tali aree dovranno essere adottate comunque tutte le misure di prevenzione dall’inquinamento previste dalla normativa vigente in materia di rifiuti, bonifiche e tutela delle acque.

Art. 52 DIRETTIVE PER LA REALIZZAZIONE DEI POZZI

1. La realizzazione di opere atte alla captazione delle acque sotterrane da destinarsi a vari usi (domestico, irriguo, industriale, idropotabile etc.) è soggetta ad autorizzazione comunale; l’autorizzazione è prevista anche nel caso di rifacimento del pozzo in sostituzione di quello esistente. Sono ammessi alla procedura autorizzativa semplificata (D.I.A.) gli interventi localizzati all’esterno delle aree a vulnerabilità Alta o che manifestano problematiche di natura idrogeologica, come individuate nel quadro conoscitivo del P.S.

2. Sono comunque sempre da rispettare le seguenti disposizioni:

  • - è vietata la captazione simultanea con la stessa opera di acquiferi non comunicanti fra loro; gli attraversamenti praticati fra più acquiferi dovranno essere accuratamente sigillati con materiali idonei ed indicati negli allegati tecnici, lasciando libero solo l’acquifero che si intende sfruttare;
  • - nel caso di acquifero multistrato, dove livelli acquiferi diversi sono in collegamento fra loro, negli allegati tecnici deve essere documentata la loro struttura idrogeologica. L’emungimento da più livelli deve essere giustificato dalla potenzialità dell’acquifero in funzione dei reali fabbisogni del richiedente;
  • - i pozzi dovranno essere realizzati secondo le tecniche più adatte in relazione alla litologia da attraversare e l’emungimento dovrà avvenire secondo pompe adeguatamente dimensionate e posizionate onde evitare fenomeni di cavitazione e perdita di efficienza del pozzo;
  • - per salvaguardare l’acquifero che si intende sfruttare, l’intercapedine tra il perforo ed i tubi di rivestimento definitivo dovrà essere cementata con materiali idonei in base alla litologia del terreno attraversato. La cementazione dovrà partire al di sopra dei filtri, ed eseguita dopo la fase di spurgo per evitare fenomeni di assestamento del drenaggio nel perforo che potrebbero compromettere l’efficienza della cementazione. La cementazione dovrà comunque continuare in superficie con la realizzazione di una piazzola in cls. con raggio di m 1,00;
  • - la condotta premente dovrà essere dotata di valvola di ritegno onde evitare travasi o ritorni di alcun genere nell’acquifero, e dotata di un rubinetto per poter eseguire prelievi;
  • - il boccapozzo dovrà essere sempre di tipo stagno con flangia e controflangia per evitare l’accesso ad estranei o cadute in pozzo di materiale di qualunque tipo e dovrà essere contenuto in un pozzetto in muratura, o portato sopra la quota altimetrica del piano di campagna.

3. La procedura amministrativa per la richiesta di autorizzazione alla ricerca ed all’uso della risorsa dovrà attenersi a quanto disposto dalla Scheda 3B del P.T.C. provinciale.

Art. 53 IL SUOLO

1. Suoli da bonificare. I piani attuativi, i progetti unitari e le opere pubbliche, per le aree ricadenti nei siti da bonificare, cos&igrave come indicati dal piano regionale di gestione dei rifiuti, terzo stralcio relativo alle aree inquinate, e dal piano provinciale delle bonifiche dei siti inquinati, adottato con delibera di consiglio provinciale n. 37 del 31 maggio 2004, devono prevedere:

  • - un vincolo all’utilizzazione dell’area che impedisca ogni destinazione d’uso futura fino all’avvenuta bonifica;
  • - l’obbligo di eseguire l’intervento di messa in sicurezza e/o di bonifica sulla base di specifici progetti redatti a cura del soggetto cui compete l’intervento;
  • - l’utilizzo dell’area solo ed esclusivamente in conformità a quanto previsto nell’atto di certificazione di avvenuta messa in sicurezza e/o bonifica rilasciato dalla Provincia di Grosseto.

2. La fertilità dei suoli. I terreni agrari, ordinariamente coltivati, devono mantenere nel tempo un buon livello di fertilità, intesa come l’insieme di caratteristiche fisico-chimiche e microbiologiche caratterizzanti il terreno con l’attitudine a produrre.

3. La fertilità del terreno agrario deve essere mantenuta tramite continue operazioni di sistemazione del suolo e tecniche agronomiche appropriate. I programmi aziendali pluriennali di miglioramento agricolo ambientale, i piani attuativi relativamente ad interventi ricadenti nel territorio rurale, devono contenere indicazioni specifiche relativamente all’esecuzione delle pratiche agronomiche di seguito indicate, in funzione dell’ordinamento colturale aziendale attuato:

  • - sistemazioni idraulico-agrarie per la regimazione delle acque meteoriche;
  • - lavorazioni principali e secondarie del terreno;
  • - apporto di sostanza organica;
  • - tecniche agronomiche per la riduzione dell’erosione del suolo;
  • - piani di concimazione nel caso di nuovi impianti di specie arboree poliennali;
  • - tecniche di irrigazione agraria;
  • - apertura di nuovi pozzi, laddove consentiti.

4. Negli atti d’obbligo o nelle convenzioni, sottoscritti a seguito dell’approvazione di programmi aziendali pluriennali di miglioramento agricolo ambientale e dei piani attuativi relativi ad interventi edilizi nel territorio rurale e aperto, sono prescritti comportamenti antropici di “buona pratica agricola”, al fine di ripristinare e/o mantenere nel territorio comunale la difesa del suolo e la potenzialità produttiva del terreno, cos&igrave come indicati ai successivi commi.

5. Dove possibile, sono da effettuare, possibilmente ogni anno, in concomitanza con le lavorazioni principali del terreno, apporti di sostanza organica, tramite letamazione, distribuzione di reflui di frantoio e compost. Per questi ultimi apporti è necessario acquisire le necessarie autorizzazioni secondo quanto prescrive la normativa vigente al momento della distribuzione. Sono consigliate le pratiche di inerbimento permanente dell’interfila, nel caso di colture arboree e/o di pratiche di sovescio, ossia interramento della coltura erbacea nel momento di massimo sviluppo vegetativo, con specie erbacee leguminose.

6. Le sistemazioni idraulico-agrarie dei suoli. Per le sistemazioni idraulico-agrarie dei terreni pianeggianti è necessario effettuare e/o mantenere la “baulatura” del campo, la realizzazione e la successiva manutenzione di una rete di fossi e scoline, di prima e seconda raccolta, per il deflusso delle acque superficiali in eccesso rispetto alla “capacità idrica massima” del terreno, cos&igrave da evitare allagamenti e ristagni. Gli elementi costituenti la rete idraulico-agraria e gli alvei naturali e/o artificiali disposti a bordo campo, con funzioni di raccolta delle acque meteoriche, devono essere mantenuti liberi da vegetazione spontanea erbacea e/o arbustiva cos&igrave da consentire il naturale deflusso delle acque eccedenti la capacità di imbibizione del terreno.

7. Per le sistemazioni idraulico-agrarie dei terreni in pendenza è necessario effettuare e/o mantenere le sistemazione idraulico-agrarie del terreno tramite una rete di fossi e scoline, di prima e seconda raccolta delle acque superficiali, realizzati in numero sufficiente ad evitare la creazione di solchi nel suolo con la perdita per erosione di particelle di terreno e di macroelementi. A seconda della pendenza del terreno, comunque superiore al 5%, deve essere effettuata la sistemazione idraulico-agraria degli appezzamenti di terreno, prediligendo quelle che tendono a ridurre il più possibile la velocità superficiale dell’acqua meteorica, riducono l’erosione del terreno con la conseguente diminuzione di perdita di macro e micro elementi nutritivi.

8. Ai fini delle sistemazioni agrarie, si elencano le seguenti tipologia di sistemazione agraria per terreni in pendenza:

  • - con pendenze del 30-40 per cento, e per la realizzazione di impianti di colture arboree, è idoneo effettuare sistemazione per “terrazzamento” dove il muretto di sostegno di ciascuna terrazza è realizzato con pietrame locale a malta o a secco, seguendo le curve di livello del terreno, in alternativa è consigliato il “gradonamento” realizzato con muretti a secco, non necessariamente realizzati seguendo le curve di livello. Per gli impianti di oliveto è ammesso utilizzare sistemazione a “lunettamento” di singole piante, ovvero piccoli terrazzi sostenuti da muretti a pianta semicircolare posti a valle della ceppaia (colletto della pianta);
  • - con pendenze fino al 20-25 per cento, e specialmente nel caso di colture erbacee, è idoneo effettuare sistemazioni a girapoggio. Le unità colturali o appezzamenti sono delimitati da scoline il cui andamento si discosta da quello delle curve di livello dell’1-2 per cento;
  • - con pendenze che variano dal 5 al 10 per cento e dal 20 al 30 cento è idoneo utilizzare la sistemazione a “rittochino”. Le scoline parallele tra di loro a distanza variabile corrono lungo la linea di massima pendenza. L’azione erosiva dell’acque meteorica è ridotta.

9. Le lavorazioni dei suoli. Le lavorazioni principali devono essere effettuate con terreno in “tempera” ovvero quando la quantità di acqua interna è pari alla capacità di campo, o quando il contenuto in acqua è inferiore alla capacità di campo. Sono da evitare lavorazioni del suolo in presenza di ristagni idrici o eccessi di acqua. La profondità di lavorazione deve essere commisurata alla coltivazione per la quale viene effettuata, al tipo di apparato radicale posseduta dalle piante, dal tipo di tessitura del terreno, al fine di migliorare la stabilità dei versanti, soprattutto per i terreni con forte pendenza, nei quali il dissesto idrogeologico è maggiore.

Art. 54 LA FATTIBILITA' GEOMORFOLOGICA

Prescrizioni generali

1. Gli obiettivi che il Regolamento Urbanistico intende perseguire nell’ambito della salvaguardia geomorfologica del patrimonio edilizio ed ambientale del Comune di Santa Fiora sono essenzialmente i seguenti:

  • - eliminare i rischi per gli insediamenti connessi alla instabilità dei versanti;
  • - ricondurre ad una dimensione fisiologica i processi di erosione del suolo;
  • - conservare gli elementi di elevato interesse paesistico e naturalistico;
  • - prevenzione da rischio sismico, attraverso la definizione della microzonazione sismica di primo livello.

2. Le classi di fattibilità geomorfologica e quelle di fattibilità idraulica del territorio comunale di Santa Fiora sono riportate nelle tavole di Livello D

3. Il perseguimento degli obiettivi sopra detti si concretizza nella gestione delle trasformazioni degli elementi fisici e vegetazionali che compongono il disegno del suolo e del paesaggio. In particolare le azioni da mettere in atto saranno le seguenti:

  • - su tutto il territorio: favorire ed incentivare gli interventi di regimazione delle acque superficiali e impedire un uso scorretto della risorsa suolo e della vegetazione naturale;
  • - per gli interventi classificati a Fattibilità 2: a livello di indagini geognostiche di supporto alla progettazione edilizia dovranno essere chiariti i dubbi che permangono sulla stabilità dei versanti;
  • - per gli interventi classificati a Fattibilità 3: al momento della redazione delle indagini sui P.U.A. o sui progetti I.E.D., il Professionista incaricato dovrà risolvere le problematiche specifiche con studi adeguati e le indagini dovranno essere condotte al livello dell’area nel suo complesso;
  • - per gli interventi classificati a Fattibilità 4: prima di procedere è necessario predisporre la bonifica ed il consolidamento.

Zone soggette al Piano di Assetto Idrogeologico del Fiume Fiora e Fiume Ombrone

4. All’interno delle Tavole n. 9 e 10 del Piano Strutturale sono state individuate zone classificate a Pericolosità Idraulica e Geomorfologica Elevata e Molto Elevata; tali zone sono soggette alla normativa del P.A.I. Fiora (o Ombrone), di cui agli articoli 5, 6, 8, 12 e 13 delle Norme del Piano per l'Assetto Idrogeologico del bacino del Fiora (per il P.A.I. Ombrone artt. 13 e 14).

5. Inoltre, in ottemperanza della scheda 4C del P.T.C. 2010, nelle aree P.I.M.E. e P.I.E., il riutilizzo ai fini residenziali o ricettivi del patrimonio rurale di cui all’art. 5 comma 11, lettera d) delle norme dei Piani di Assetto Idrogeologici approvati dalla Regione Toscana (bacini regionali ed interregionali), sarà riferito ai casi in cui le condizioni di sicurezza idraulica siano assicurate per tempi di ritorno della portata di massima piena di anni 200 e gli eventuali adeguamenti per il completamento della messa in sicurezza non determinino condizioni di rischio e non concorrano ad aumentare il rischio in altre aree.

6. Oltre a quanto disciplinato con i vigenti P.A.I., per le aree ricadenti all’interno del Dominio idraulico, cos&igrave come definite nei rispettivi piani di bacino, si terrà conto dei seguenti criteri:

  • - ai fini della difesa del suolo, salvo accertate incompatibilità con le necessarie condizioni di sicurezza idraulica saranno assunti come riferimento la conservazione delle caratteristiche di naturalità degli alvei fluviali, degli ecosistemi e delle fasce verdi riparali e il rispetto delle aree di naturale espansione e relative zone umide collegate;
  • - saranno ammessi interventi di conservazione attiva delle fasce ripariali, nelle forme di bosco igrofilo "maturo”, e delle aree di naturale espansione dei corsi d’acqua, ove efficaci per il rallentamento del deflusso idrico, nonché per la riqualificazione ecologica e paesaggistica.

7. Infine si ricorda che nelle aree a Pericolosità Idraulica Molto Elevata (P.I.M.E.) devono essere applicate le disposizioni di cui all’art. 2 della LRT 21/2012.

CAPO II GLI AMBITI OMOGENEI DI PAESAGGIO

Art. 55 AMBITO DEL MONTE AMIATA

1. L'Ambito, definito ai sensi dell'art. 45 del Piano Strutturale il cui confine è individuato nelle tavole di Livello C con apposito segno grafico, risulta caratterizzato da una copertura forestale pressoché ininterrotta che è l’elemento dominate del paesaggio e che si sviluppa secondo tre fasce vegetazionali:

  • - una fascia compresa tra i 1600 ed i 1100 metri s.l.m. dominata dalla serie del faggio (Fagus sylvatica) che vegeta su terreni trachitici in condizioni climatiche caratterizzate da una piovosità media di 1400-1600 mm e da isoterme comprese tra gli 0° ed i 3°gradi centigradi;
  • - una fascia compresa tra i 1100 e i 700 metri s.l.m. dominata dalla presenza del castagno che predilige terreni freschi ed umidi, tendenzialmente acidi, come quelli delle vulcaniti;
  • - tra la serie del faggio e quella successiva del castagno si incuneano le aree dei rimboschimenti, realizzati a partire dalla Legge Forestale del 1923 con compiti di ricongiunzione e sutura forestale; tra le specie usate si trovano l’abete bianco, l’abete rosso, alcune specie di pini, la douglasia, il larice deciduo ed il castagno d’India.

2. L'altro elemento caratterizzante l'Ambito è rappresentato dalla localizzazione degli insediamenti umani che si concentrano al limite inferiore dell’ambito paesaggistico dove le vulcaniti entrano in contatto con le argille favorendo l’affioramento delle sorgenti. La corona di insediamenti disposta lungo la fascia di contatto fra i boschi di castagni sopra e le aree argillose sottostanti destinate a pascolo e/o alla coltivazione di seminativi, ulivi e viti è una caratteristica generale del paesaggio amiatino che trova conferma nel territorio di Santa Fiora. Sopra questo limite praticamente abbiamo una assenza di insediamenti umani.

3. Gli elementi di pregio paesaggistico da tutelare per l'Ambito del Monte Amiata sono i seguenti:

  • - il manto boschivo di tipo denso formato dalla faggeta e dal castagneto;
  • - i caratteri tipo-morfologici degli edifici storicamente legati alla raccolta e trasformazione della castagna (“i seccatoi”);
  • - la disunione fra i centri abitati sorti lungo la linea delle sorgenti;
  • - gli affioramenti di rocce laviche.

4. La tutela degli elementi di pregio elencati al punto precedente si esercita attraverso la disciplina di cui al successivo Capitolo del presente Titolo.

Art. 56 AMBITO DEL MONTE LABBRO E DEL TORRENTE CADONE

1. L'Ambito, definito ai sensi dell'art. 45 del Piano Strutturale il cui confine è individuato nelle tavole di Livello C con apposito segno grafico risulta caratterizzato:

  • - dal punto di vista morfologico da una serie di rilievi generalmente arrotondati e privi di fortissime pendenze; questi poggi sono separati da ampi solchi vallivi formati dal Fiume Fiora e dai suoi principali affluenti di destra (Potito e Putrido) e di sinistra (Cadone e Scabbia);
  • - da un punto di vista vegetazionale dalla presenza di una flora tipicamente mesofila (boschi misti di latifoglie decidue: cerro e rovere con ornello, carpino e nocciolo - pascolo: pascoli cespugliati a base di Spartium junceum, scopa puzzola) generata dalla natura dei terreni essenzialmente calcareo - argillosa (galestri).

2. La natura del terreno ha favorito, nell’ambito di questa unità, la riduzione a pascolo e a seminativo di parte della superficie forestale. Quest’ultima può essere suddivisa secondo l’altitudine nelle seguenti fasce vegetazionali:

  • - una fascia oltre gli 800 metri s.l.m. che vede sulle calcareniti del Monte Labbro la vegetazione di una grande varietà di specie arbustive ed erbacee;
  • - una fascia compresa tra i 600 ed gli 800 metri s.l.m. dominata dal cerro associato ad altre specie arboree ed arbustive come la roverella, il carpino, l’acero campestre, l’orniello, il nocciolo, la berretta del prete, il biancospino, il ciliegio selvatico, il corniolo, ecc..
  • - una fascia posta tra i 500 ed i 700 metri s.l.m. dominata dalla presenza della roverella associata all’acero campestre, al ginepro, alla rosa canina, alla fillirea, al lentisco, all’orniello, al cerro e al leccio, al pruno selvatico, al biancospino e alle ginestre.

3. Relativamente all’uso del suolo abbiamo due diverse destinazioni:

  • - La fascia prossima al Monte Labbro e immediatamente sotto i centri abitati ha una destinazione prevalentemente a prato-pascolo ed al coltivo con indirizzo cerealicolo;
  • - La zona verso il fiume Fiora ed i comuni di Roccalbegna e Semproniano è caratterizzata da vaste estensioni di bosco ceduo di cerro.

4. In generale l’insediamento umano all’interno dell’ambito paesaggistico è caratterizzato da una modesta presenza di case sparse che si diradano ulteriormente nella zona dove prevale il bosco di cerro.

5. Gli elementi di pregio paesaggistico da tutelare per l'Ambito del Monte Labbro e del torrente Cadone sono i seguenti:

  • - L’alternarsi dei prati-pascoli e dei coltivi cerealicoli e le sistemazioni antropiche connesse, tipo terrazzamenti e ciglionamenti, muri a secco, alberature e siepi di confine, opere di regimazione delle acque, forma dei campi, etc.
  • - Il bosco di cerro e rovella della zona meridionale.
  • - La vegetazione composta da arbusti ed erbacee varie della zona più prossima al monte Labbro.
  • - La vegetazione riparia prossima ad i corsi d’acqua.

6. La tutela degli elementi di pregio elencati al punto precedente si esercita attraverso la disciplina di cui al successivo Capitolo del presente Titolo.

Art. 57 AMBITO DEL MONTE CALVO

1. L'Ambito, definito ai sensi dell'art. 45 del Piano Strutturale il cui confine è individuato nelle tavole di Livello C con apposito segno grafico risulta caratterizzato:

  • - da un punto di vista morfologico dal rilievo del Monte Calvo (926 metri s.l.m.) che domina un sistema collinare (oscillante tra 500 ed i 600 metri di altitudine) che si protende verso i promontori di Castell'Azzara;
  • - da un punto di vista vegetazionale dalla presenza di una flora tipicamente mesofila (boschi misti di latifoglie decidue: cerro e roverella, con orniello, acero campestre, biancospino e corniolo).

2. Per le caratteristiche geomorfologiche sopra descritte nell’unità in esame si possono distinguere, in dipendenza dell’altimetria, le seguenti fasce vegetazionali:

  • - Una fascia oltre gli 800 metri s.l.m. che vede sui terreni arenacei del Monte Calvo l’associazione dell’abete bianco, qui specie spontanea ed autoctona, e del faggio con limitate estensioni di castagneto da frutto.
  • - Una fascia compresa tra i 600 ed i 800 metri s.l.m. dominata dall’areale del cerro (associato alla roverella, al carpino, all’acero campestre, all’orniello ed al nocciolo) che nei suoli arenacei, per opera dell’uomo, è spesso occupata dal castagneto da frutto.
  • - Una fascia posta tra i 400 ed i 600 metri s.l.m. dove la roverella (associata all’acero campestre, al ginepro, alla rosa canina, alla fillirea, al lentisco, all’orniello, al cerro e al leccio) alligna sia su terreni argillosi che su quelli calcarei.

3. Relativamente all’uso del suolo prevale l’estensione del bosco secondo le fasce vegetazionali individuate con l’intromissione di radi seminativi

4. L’assetto agronomico - forestale, che nella successione cerro/castagno, abete bianco/faggio ripete le caratteristiche della Vetta amiatina, ripropone nella dislocazione insediativa la ricerca di una mediazione tra la risorsa montagna e la localizzazione delle colture. Abbiamo, cos&igrave, ad un’altitudine di circa 600 metri s.l.m., lungo la viabilità principale, nelle aree di contatto tra i boschi di cerro e/o castagneto ed i seminativi, oltre all’abitato della Selva ed il convento francescano della S.S. Trinità, una collana di piccoli aggregati rurali (C. Mecari, C. Passerini, C. Vescovi, C. Ripaccioli, C. Olivi, C. Dondolini, Canalone, C. Corsica, C. Danti, C. San Benedetto), che delineano, anche in questa zona, una netta prevalenza dell’insediamento accentrato su quello sparso. Al di sotto della quota di 600 metri s.l.m. abbiamo una limitata presenza di case sparse

5. Gli elementi di pregio paesaggistico da tutelare per l'Ambito del Monte Calvo sono i seguenti:

* Il bosco faggio e rovella e abete bianco.

* La vegetazione riparia prossima ad i corsi d’acqua.

* Il sistema insediativo ad anello intorno al Monte Calvo

6. La tutela degli elementi di pregio elencati al punto precedente si esercita attraverso la disciplina di cui al successivo Capitolo del presente Titolo.

CAPO III TUTELA DELLE INVARIANTI

Art. 58 I BOSCHI DENSI

1. Costituiscono invarianti strutturali del territorio i “boschi densi”, intendendosi per tali le formazioni forestali e boschive che emergono per la consistenza e rilevanza delle formazioni, per il governo a fustaia, nonché per la diversificazione ed articolazione delle specie arboree e arbustive presenti. Tali formazioni forestali, di rilevante valore ambientale e paesaggistico sono distinte con apposito segno grafico sulle Tavole di Livello C.

2. Costituiscono elementi di invarianza:

  • - la destinazione forestale del suolo;
  • - la composizione floristica del soprasuolo;
  • - l'assetto delle sistemazioni idraulico-forestali;
  • - la rete dei sentieri e della viabilità forestale interna alle aree.

3. In particolare, ai sensi delle norme sugli ambiti di paesaggio di cui al Capo I del presente titolo, sono oggetto di tutela:

  • - il castagneto e la faggeta appartenenti all'Ambito omogeneo di paesaggio "Monte Amiata";
  • - i boschi di cerro,di roverella, di castagno e di faggio appartenenti all'Ambito omogeneo di paesaggio "Monte Labbro e fosso Cadone";
  • - i boschi di faggio,di roverella e di abete bianco appartenenti all'Ambito omogeneo di paesaggio "Monte Calvo";

4. Gli elementi di invarianza sono soggetti a tutela, finalizzata al mantenimento e alla valorizzazione degli assetti boschivi ai sensi delle vigenti norme forestali regionali e provinciali. Sono fatti salvi gli interventi derivanti da motivate esigenze colturali e/o di sicurezza ai fini della prevenzione degli incendi.

5. I P.M.A.A. di cui all’art. 14, ove comprendenti porzioni di “boschi densi”, prevedono adeguati interventi di tutela e valorizzazione della risorsa forestale, privilegiando le seguenti attività:

  • - governo del bosco e del sottobosco;
  • - prevenzione degli incendi boschivi;
  • - pratiche fitosanitarie;
  • - tutela degli alberi monumentali;
  • - sistemazioni idraulico-forestali;
  • - riqualificazione, rinaturalizzazione e assestamento delle aree forestali;
  • - miglioramento qualitativo dei soprasuoli forestali;
  • - recupero delle aree percorse dal fuoco;
  • - prevenzione e/o eliminazione del degrado (usi impropri, discariche abusive, etc.)
  • - manutenzione dei sentieri e della viabilità forestale.

6. Ferma restando la tutela degli elementi di invarianza, ai “boschi densi” si applica la disciplina di cui all’art. 114.

Art. 59 LA VEGETAZIONE RIPARIA

1. La vegetazione riparia, individuata con apposito segno grafico nella Tavole di livello C, è considerata invariante strutturale del territorio in ragione delle importanti funzioni da essa svolte di carattere:

  • - idrogeologico, per la prevenzione dei fenomeni di erosione e dilavamento;
  • - ambientale, per il mantenimento e/o il ripristino dell’equilibrio ecologico;
  • - paesaggistico, per la diversificazione degli assetti vegetazionali e la caratterizzazione del reticolo idrografico superficiale.

2. Ferme restando le competenze attribuite per legge ai soggetti preposti alla tutela idrogeologica, gli interventi che interessano aree prossime ai corsi d’acqua devono conservare e qualificare la vegetazione ripariale esistente, rimuovendo quella morta o esogena e favorendo il graduale sopravvento di quella naturale potenziale. Sono comunque consentiti i tagli delle piante che ostruiscono l’alveo e i diradamenti di quelle che potrebbero generare sbarramento al regolare deflusso delle acque.

3. In particolare, ai sensi della norme sugli ambiti di paesaggio di cui al Capo I del presente titolo, è oggetto di tutela la vegetazione riparia degli Ambiti omogenei di paesaggio "Monte Labbro e fosso Cadone" e "Monte Calvo";

4. I P.M.A.A., ove comprendenti aree con vegetazione ripariale da ricostituire, sono corredati da specifici progetti di reimpianto, tesi a reintegrare la continuità delle fasce di vegetazione ripariale, facendo ricorso alle specie vegetali autoctone e presenti in loco.

5. Al fine di favorire la conservazione e lo sviluppo dei processi autodepurativi, tali interventi verificano altres&igrave la fattibilità della creazione di “ecosistemi filtro” e di sistemi di fitodepurazione nelle aree di golena o di fondovalle, mediante conservazione e messa a dimora lungo le fasce adiacenti al corso d’acqua, ove opportuno e possibile, di piante con adeguata capacità fitodepurativa.

Art. 60 FORMAZIONI ARBOREE DECORATIVE E/O LINEARI

1. Sono riconosciute quali invarianti strutturali del territorio le formazioni arboree costituite da individui appartenenti alle specie tipiche dei luoghi, quando rispondenti a criteri ordinatori come l'allineamento in filari lungo strade o percorsi in genere, ovvero volti a formare confini, o, più in generale, a costituire forme di arredo e decoro. Le formazioni arboree decorative possono essere costituite sia da individui di una stessa specie che da una alternanza preordinata di specie diverse. Nel loro insieme e nel loro ruolo di complemento ad architetture di pregio costituiscono struttura formale del paesaggio e suo caposaldo visivo e simbolico. Sono identificate con apposito segno grafico nelle tavole di livello C.

2. Costituiscono elementi di invarianza:

  • - le specie arboree esistenti con le caratteristiche di cui al punto 1;
  • - le sedi di impianto e la consistenza quantitativa degli allineamenti o delle associazioni areali;
  • - le sistemazioni del suolo finalizzate alla formazione delle sedi di impianto.

3. Gli elementi di invarianza sono soggetti a tutela nella loro consistenza materiale, botanica e simbolica, anche mediante azioni di ripristino degli elementi mancanti, nonché a valorizzazione culturale in quanto capisaldi visivi del paesaggio. A tal fine:

  • - l’impianto di alberature e siepi è limitato al reintegro di esemplari mancanti, morti o ammalorati, nel rispetto delle specie arboree e arbustive e delle sedi di impianto originarie; le formazioni a filare possono essere eventualmente potenziate attraverso l’impianto di esemplari della stessa specie lungo l’allineamento storicizzato;
  • - eventuali recinzioni aventi rilevanza di memoria storica devono essere conservate e restaurate. Non è consentita la realizzazione di nuove recinzioni;
  • - i percorsi e gli assi visuali che strutturano i rapporti di continuità fisica e funzionale tra le formazioni arboree decorative e gli edifici che ne costituiscono il principale riferimento storico devono essere conservati nei loro caratteri planolatimetrici, evitando l’introduzione di qualsiasi elemento che determini ostacolo visivo o soluzione di continuità fisica e/o funzionale, se non per evidenti e inderogabili motivi di interesse pubblico.

4. In particolare, ai sensi della norme sugli ambiti di paesaggio di cui al Capo I del presente titolo, sono oggetto di tutela le alberature e le siepi che segnano i confini nell'Ambito omogeneo di paesaggio "Monte Labbro e fosso Cadone".

5. In adiacenza o prossimità di formazioni arboree decorative ricadenti esternamente alla aree urbane è vietata:

  • a) ogni nuova costruzione stabile di qualsiasi tipo, ivi compresi gli annessi agricoli stabili;
  • b) l’installazione dei manufatti precari;
  • c) la realizzazione delle serre fisse;
  • d) la realizzazione delle strutture ad uso ricreativo;
  • e) la realizzazione di linee elettriche aeree o di installazioni e/o impianti per telefonia mobile o telecomunicazione, nonché di ogni altra infrastruttura incongrua con evidente impatto visuale. Le eventuali cabine elettriche devono essere interrate o seminterrate e comunque di altezza contenuta e prive di palo di sostegno delle linee aeree.

Art. 61 LE SISTEMAZIONI AGRARIE E VEGETALI DI RILIEVO PAESAGGISTICO

1. Sono riconosciute quali Invarianti Strutturali del territorio (ai sensi dell'art. 10 delle Norme del Piano Strutturale), in quanto componenti qualificate del paesaggio rurale ed esempi virtuosi delle modalità di gestione delle risorse territoriali, le aree in cui sono visibili e sufficientemente ben conservate sistemazioni tradizionali dei terreni realizzate ai fini delle pratiche colturali agricole, delle attività di pascolo e della difesa del suolo. Tali sistemazioni consistono in terrazzamenti, muri di contenimento a secco, ciglionamenti, acquidocci rivestiti in pietra, percorsi viari rurali ed opere idraulico - agrarie di regimazione. Nel territorio comunale in particolare è considerato tale l’alternarsi dei prati-pascoli e dei coltivi cerealicoli presente nell'Ambito omogeneo di paesaggio "Monte Labbro e fosso Cadone"

2. La presenza di sistemazioni agrarie tipiche - laddove per consistenza e stato di conservazione esse risultino significative sotto il profilo paesaggistico, testimoniale e/o morfologico - funzionale - è segnalata con apposito simbolo nelle tavole di Livello C.

3. Costituiscono elementi di invarianza da tutelare:

  • - le caratteristiche planoaltimetriche delle sistemazioni;
  • - le opere di contenimento (muri a secco, ciglioni, lunette, etc.) nel loro stato di consistenza formale e funzionale;
  • - le opere di confinamento (muretti a secco, le siepi, etc.)
  • - le caratteristiche planoaltimetriche della viabilità e dei percorsi interni a dette aree;
  • - le alberature segnaletiche;
  • - il microreticolo idrografico, le opere e le sistemazioni idraulico-agrarie.

4. Gli elementi di invarianza sono soggetti a tutela nella loro consistenza materiale, geomorfologica e idraulica, ad azioni di ripristino di parti mancanti o degradate, nonché a valorizzazione culturale del loro contenuto testimoniale e d’uso. Indipendentemente dalle pratiche colturali agrarie esercitate, è prescritta la conservazione e la manutenzione degli elementi costitutivi dei manufatti, nei loro caratteri formali e funzionali di presidio idrogeologico, come struttura fondativa del paesaggio agrario storico.

5. Gli interventi devono garantire il superamento di situazioni di degrado o di perdita di funzionalità dei manufatti, nel rispetto dei caratteri tipologici, formali e costruttivi originari, nonché assicurare livelli prestazionali adeguati in termini di presidio idrogeologico. Sono consentite solo modifiche puntuali, atte a migliorare e razionalizzare gli accessi e le coltivazioni dei fondi.

6. Qualora le sistemazioni agrarie di cui ai punti 1 e 2 abbiano perso la funzionalità originaria o siano in condizioni di degrado irrecuperabile (eventualità da dimostrare attraverso la produzione di uno specifico studio), possono essere oggetto di trasformazioni significative (compreso la realizzazione di nuovi edifici) da attuarsi attraverso P.M.A.A. (art. 14) o P.U. (art. 13). Resta il divieto della modifica, se non limitata a interventi puntuali, delle opere di contenimento (muri a secco, ciglioni, lunette, etc.), delle opere di confinamento (muretti a secco, le siepi, etc.) e delle alberature segnaletiche.

7. Qualora i riferimenti cartografici riferiti alle sistemazioni agrarie storiche contenuti negli elaborati cartografici di livello C si dimostrassero inesatti o non corrispondenti alla situazione reale, i soggetti interessati possono produrre idonea documentazione atta a dimostrare l’effettivo stato di fatto dei luoghi. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nel caso in cui, sulla base di documentazione inequivocabile prodotta dall’avente titolo, sia comprovata l’inesattezza dei riferimenti cartografici in ordine all’effettiva presenza, attuale e pregressa, di sistemazioni agrarie storiche.

Art. 62 IL RETICOLO IDROGRAFICO SUPERFICIALE

1. Il reticolo idrografico superficiale sottoposto alle tutele del presente articolo è identificato nelle tavole di Livello C ed è costituito dai seguenti corsi d’acqua: fiume Fiora, torrente Scabbia, fosso del Putrido, fosso degli Ontani, fosso Formica, fosso Cadone. Esso rappresenta una invarianza strutturale del territorio ai sensi dell'art. 10 delle Norme del Piano Strutturale.

2. Il reticolo idrografico superficiale deve essere tutelato per finalità idrauliche, ecologiche e paesaggistiche. E’ fatto pertanto divieto di deviare o coprire i corsi d’acqua, di interromperne o impedirne il deflusso superficiale e di impermeabilizzarne le sponde. E' vietato, in particolare, modificare le linee naturali di impluvio dei rilievi. Sono comunque consentiti interventi finalizzati al ripristino delle condizioni naturali di efficienza del sistema drenante naturale, alla regimazione idraulica, al contenimento dell’erosione e alla qualificazione biologica

3. Nelle aree pianeggianti sono consentiti interventi puntuali di modifica del reticolo idrografico superficiale solo per comprovate esigenze tecnico-funzionali e a condizione che sia comunque dimostrato, attraverso studi estesi a un congruo intorno territoriale, il mantenimento o il miglioramento delle condizioni di efficienza idraulica esistenti.

4. L’attraversamento dei corsi d’acqua con tratti di viabilità e/o infrastrutture di trasporto è consentito, per i tratti minimi indispensabili, solo a seguito di studi idraulici e morfologici estesi all’intero bacino o sottobacino interessato. Tali studi devono determinare la sezione idraulica adeguata a far defluire le portate di massima piena.

5. Gli interventi di regimazione e di sistemazione degli alvei e delle sponde sono attuati facendo ricorso, preferibilmente, ai metodi e ai materiali dell’ingegneria naturalistica.

6. I progetti relativi a impianti idroelettrici da realizzarsi sul bacino idrografico del Fiume Fiora, dovranno prevedere, se realizzati, tutti quegli accorgimenti tecnici che riducano al minimo la perdita di acqua dal corso naturale del fiume, la minima lunghezza di tratti sottesi, la presenza e la realizzazione di scale di risalita dimensionate alla popolazione di fauna ittica presente nel tratto fluviale interessato. Il calcolo del Deflusso Minimo Vitale (DMV) al d&igrave là di quanto indicato dall’Autorità di bacino competente, dovrà attenersi a quanto previsto dal Piano Ittico Provinciale redatto ai sensi della L.R. n. 7/2005 per le aree di particolare pregio ambientale, SIC, SIR.

7. Ferma restando la disciplina di tutela delle acque pubbliche dettata dalle vigenti norme statali e regionali, all'esterno delle aree urbane e lungo tutti i corsi d’acqua che compongono il reticolo idrografico superficiale di cui al punto 1 devono essere salvaguardate le due fasce di larghezza pari a ml 10 misurata dal ciglio di sponda o dal piede esterno dell’argine.

8. All’interno di tali fasce di rispetto i terreni possono essere utilizzati solo per la ricostituzione di fasce di vegetazione ripariale, per gli usi agricoli, per le sistemazioni a verde ed a carattere ricreativo e per la realizzazione di attrezzature acquedottistiche. Sono comunque vietati:

  • - scavi e rinterri e alterazioni morfologiche del suolo in genere, anche connessi all'attività agricola, che modifichino le sezioni trasversali dell'ambito, a meno che tali interventi non si rendano necessari per comprovate esigenze di riqualificazione idraulica e idrogeologica;
  • - la realizzazione di nuove costruzioni e/o l’installazione di manufatti stabili o precari, ivi comprese le serre, con la sola eccezione dei manufatti per la regimazione idraulica e le infrastrutture di attraversamento;
  • - i parcheggi per autoveicoli, i depositi di materiali, le recinzioni e i muri di cinta, le discariche di qualsiasi tipo, le attività estrattive che non siano previste da interventi di sistemazione idraulica o di risanamento naturalistico e ambientale.

9. Sugli edifici esistenti legittimi ricadenti nelle fasce di rispetto di cui al punto 3 possono essere eseguiti interventi urbanistico - edilizi fino alla ristrutturazione edilizia R5.

Art. 63 I GEOTOPI

1. In coerenza con quanto previsto all'art. 46bis delle Norme del Piano Strutturale e nella Tavola G12 dello stesso Piano, nelle tavole di Livello C sono individuati i seguenti Geotopi:

  • - l'area carsica compresa tra il Podere Banditella ed il Podere Segalari in cui sono presenti elementi tipici di un paesaggio carsico (doline, campi carreggiati);
  • - gli affioramenti rocciosi che assumono una particolare importanza per la loro estensione o per la loro bellezza quali il fronte lavico di Pian delle Mura (Scheda n. 50*) e l’affioramento ofiolitico rappresentato dal Sasso di Petorsola (Scheda n. 51*)
  • - la miniera abbandonata della Banditella censita con Decreto Ministeriale 28 febbraio 2002 del Ministero dell'Ambiente ( Gazzetta n. 102 del 3 maggio 2002) fa parte delle aree del Parco Museo Miniere Amiata; utilizzata in passato per la coltivazione di Cinabro;
  • - Miniera della Lorentana; censita con Decreto Ministeriale 28 febbraio 2002 del Ministero dell'Ambiente ( Gazzetta n. 102 del 3 maggio 2002). Più che una miniera vera e propria si tratta di una concessione di ricerca giustificata dalla vicinanza con le Solforate. Interessante l'aspetto geologico dell'area in quanto affiorano in zona rocce intrusive di origine vulcanica note con il nome di "Selagiti" e presenti nell'area nella valle del T. Senna in Comune di Piancastagnaio (SI); le altre rocce affioranti appartengono alla serie delle Liguridi. L'area è quasi completamente boscata. E' attualmente sufficientemente tutelata in quanto area boscata;
  • - Sito minerario Case Fioravanti (comuni di Santa Fiora - Grosseto e Piancastagnaio - Siena). censita con Decreto Ministeriale 28 febbraio 2002 del Ministero dell'Ambiente ( Gazzetta n. 102 del 3 maggio 2002);
  • - Ex Miniera di Cinabro della Selva. Attualmente non identificabile e posta in area Boscata
  • - Le aree di emissione di idrogeno solforato, caratterizzate dalla presenza di un acuto odore di zolfo e localizzate nei pressi della miniera della Banditella e nei pressi del ponte sul Fosso del Putrido lungo la Statale che conduce a Roccalbegna,
  • - l'area vulcanica del Monte Amiata (Scheda n. 47*)

2. Tali zone sono oggetto di tutela e salvaguardia assoluta mirate alla conservazione e valorizzazione del bene paesaggistico e ambientale. Nelle aree che le ospitano sono pertanto preclusi tutti gli interventi che possano modificarne le condizioni di stato. In particolare sono vietate tutte le trasformazioni del suolo, le recinzioni e le costruzioni di qualsiasi tipo, ancorché precarie o provvisorie. Si fa eccezione per le aree di emissione di idrogeno solforato dove è consentito di installare delle recinzioni di protezione.

3. Compatibilmente con le esigenze di sicurezza geomorfologica dei siti è ammessa esclusivamente la realizzazione di percorsi escursionistici e di didattica ambientale in terra battuta o pietrame, senza che siano necessari sbancamenti e/o movimenti terre significativi e tali da mutare l’assetto geomorfologico del geotopo, e la realizzazione lungo il percorso di minime attrezzature in legno per la sosta pedonale.

Art. 64 EDIFICI DI VALORE STORICO-DOCUMENTALE

1. E’ riconosciuto quale invariante strutturale del territorio il patrimonio edilizio presente nelle tavole del "Catasto all'Impianto" (anno 1940 circa) e nelle tavole del " Catasto Leopoldino" (anno 1830 circa) in quanto espressione consolidata di un principio insediativo complessivamente coerente e rimasto sostanzialmente inalterato fino ai giorni nostri. Nella tavole di Livello C sono individuati e distinti, con apposita campitura, gli edifici appartenenti all'una o all'altra categoria.

2. Costituiscono elementi di invarianza:

  • - le forme generali e storicizzate del rapporto edificio/suolo, definite dalle caratteristiche planoaltimetriche del terreno e dalle relative opere di sistemazione (opere relative alle sezioni del terreno, strutture di contenimento, pavimentazioni, etc.);
  • - le forme generali e storicizzate del rapporto edificio/strada, definite dai principali allineamenti planimetrici e dalle opere di connessione (portici, recinzioni, distacchi dal filo stradale, etc.);
  • - le forme generali e storicizzate del rapporto edificio/tessuto insediativo, definite dagli allineamenti planoaltimetrici e dagli assetti morfotipologici (marcapiani, ritmo delle aperture, ritmo e misura degli aggetti, gronde, colmi, etc.).

3. Gli elementi di invarianza di cui al punto 2 sono soggetti a tutela nella loro consistenza materiale (anche mediante ripristino degli elementi mancanti) nonché a valorizzazione in quanto testimonianza della cultura architettonica delle rispettive epoche e contesti.

4. La disciplina sul patrimonio edilizio esistente, di cui al Titolo IV, classifica lo stesso sulla base dei criteri illustrati all'art. 72 tenendo conto della loro presenza o meno nelle tavole del catasto Leopoldino e nelle tavole del Catasto all'Impianto.

Art. 65 EDIFICI SOTTOPOSTI A VINCOLO MONUMENTALE

1. E’ riconosciuto quale invariante strutturale del territorio il patrimonio edilizio vincolato sensi dell'art. 10 comma 3 del Dl.gs 42/2004 e ai sensi del comma 1 dello stesso articolo quando siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, in quanto avente un rilevante ed intrinseco valore storico artistico riconosciuto nel decreto appositivo.

2. Costituiscono elementi di invarianza:

  • - le forme generali e storicizzate del rapporto edificio/suolo, definite dalle caratteristiche planoaltimetriche del terreno e dalle relative opere di sistemazione (opere relative alle sezioni del terreno, strutture di contenimento, pavimentazioni, etc.);
  • - le forme generali e storicizzate del rapporto edificio/strada, definite dai principali allineamenti planimetrici e dalle opere di connessione (portici, recinzioni, distacchi dal filo stradale, etc.);
  • - le forme generali e storicizzate del rapporto edificio/tessuto insediativo, definite dagli allineamenti planoaltimetrici e dagli assetti morfotipologici (marcapiani, ritmo delle aperture, ritmo e misura degli aggetti, gronde, colmi, etc.).

3. Gli edifici di cui al punto uno sono elencati di seguito e sono individuati con apposita campitura nella tavole di Livello C:

LocalitàDenominazioneIndirizzoFoglioParticella
Santa FioraTorre dell'OrologioPiazza Garibaldi 3822216
Santa Fiora Palazzo Sforza Cesarini Piazza Garibaldi 25 22 210
Santa Fiora Chiesa di San Giuseppe Via Roma 22 B
Santa Fiora Chiesa del Suffragio o della Misericordia Piazza Carducci 22 D
Santa Fiora Chiesa delle S.S. Flora e Lucilla Piazza Arcipretura 22 E
Santa Fiora Chiesa di Santa Chiara Via delle Monache 22 G
Santa Fiora Chiesa di Sant'Agostino Piazza Sant'Agostino 22 F
Santa Fiora Chiesa di Sant'Antonio Piazza Sant'Antonio 22 720p
Santa Fiora Chiesa della Madonna delle Nevi o della Peschiera Via della Peschiera 22 C
Santa Fiora Chiesa di San Rocco Via Matteotti 14 A
Bagnolo Chiesa del Nome di Maria o di S. Maria Via della Chiesa 16 A
Santa Fiora Porta Postierla Via della Ripa 22 193
Santa Fiora Porticciola o Porta delle Scalette Via Carolina 22 244p
Santa Fiora Porta di Borgo o di San Michele Via Carolina 22 221
Santa Fiora PARCO E SORGENTI DELLA PESCHIERA Via della Peschiera 22 427
Santa Fiora Palazzetto Piazza Garibaldi 20 22 251p
Santa Fiora Palazzetto con loggiato Piazza Garibaldi 3 22 364
Santa Fiora Palazzetto rinascimentale Piazza Garibaldi 14 22 288
Santa Fiora Palazzetto Via dell'Olmo 10 22 292
Santa Fiora Palazzetto di San Michele Piazza San Michele 3 22 363
Santa Fiora Palazzetto Via di Mezzo 10 22 333
Santa Fiora Casa con loggia Via Diacceto 8 22 206
Santa Fiora Casa Via Carolina 9 22 299
Santa Fiora Casa Via Carolina 22 22 281
Santa Fiora Casa medievale Via Sforza 20 22 357
Santa Fiora Casa rinascimentale Via della Ripa 17 22 239
Santa Fiora Casa Via dell'Olmo 11 22 307
Santa Fiora Casa medievale Via del Fondaccio 6 22 326
Santa Fiora Casa medievale Via del Fondaccio 7 22 323
Santa Fiora Casa medievale Via delle Monache 7 22 659
Santa Fiora Casa Via del Maggio 22 529
Santa Fiora Casa Via del Maggio 1 22 533
Santa Fiora Casa Via degli Orti 16 22 641
Santa Fiora Casa Via dei Forni 8 22 251p
Santa Fiora Casa medievale Via dei Forni 19 22 257
Santa Fiora Casa Piazza Garibaldi 9 22 303
Santa Fiora Casa Via Carolina 6 22 259
Santa Fiora Casa medievale Via Sforza 7/11 22 370
Santa Fiora Casa Via Sforza 31 22 340
Santa Fiora Casa Via dell'Olmo 20 22 294
Santa Fiora Casa medievale Via del Fondaccio 22 333p
Santa Fiora Casa con iscrizioni Via degli Orti 14 22 640
Santa Fiora Casa Via degli Orti 40 22 694
Santa Fiora Casa Via degli Orti 46 22 695
Bagnolo Casa Via Fratelli Rosselli 11 11 390
Santa Fiora Palazzo Pretorio-Stemma Sforza Piazza Garibaldi 40 22 218
Santa Fiora Palazzo Sforza Cesarini-Stemma Piazza Garibaldi 25 22 210
Santa Fiora Palazzetto con loggiato-Stemma Piazza Garibaldi 3 22 364
Santa Fiora Fontana pubblica Piazza dell'Olmo 22 piazza
Santa Fiora Palazzetto-Statua di San Michele Piazza San Michele 3 22 363
Selva Chiesa della SS.Trinità e San Girolamo VIA DELLE VIGNE 4 48 A
Selva Cappella della Vergine Addolorata detta "La Chiesina Via del Convento 50 A
Santa Fiora Ex Convento delle Clarisse cappuccine Via delle Monache 22 425, ecc.
Santa Fiora Ferriera di Santa Fiora Strada Com. dei Chiassi 22 586
Santa Fiora Ponte viadotto
Santa Fiora Lavatoi pubblici e area circostante di pertinenza

4. La disciplina sul patrimonio edilizio esistente, di cui al Titolo IV, classifica lo stesso sulla base dei criteri illustrati all'art. 72 tenendo conto dell'eventuale loro inserimento nell'elenco di cui al punto 2

Art. 66 LA VIABILITÀ STORICA

1. Sono riconosciuti quali invarianti strutturali del territorio i percorsi od i tratti di percorso presenti al Catasto Leopoldino (1830 circa) e ancora esistenti. Tali percorsi sono individuati nella tavole di Livello C.

2. Sono considerate parti integranti di tali percorsi le sistemazioni laterali del terreno, le opere d'arte, i manufatti votivi presenti lungo il tracciato, le opere per la raccolta ed il deflusso delle acque, i muri di sostegno.

3. Costituiscono elementi da tutelare dei tracciati storici di cui al punto 1:

  • - i caratteri planoaltimetrici generali dei tracciati;
  • - le opere di raccolta e convogliamento delle acque;
  • - le cappelle, i tabernacoli e le croci votive i cippi e le fonti presenti lungo il tracciato;
  • - le opere di sistemazione e contenimento del terreno;
  • - le alberature segnaletiche, gli allineamenti arborei e le siepi ornamentali, limitatamente alle specie vegetali tipiche dei luoghi;
  • - la sistemazione ed i materiali del fondo stradale.

4. Tali elementi sono soggetti a tutela nella loro consistenza materiale e nelle prestazioni, nonché a valorizzazione culturale in quanto testimonianza di strutture profonde del territorio. Eventuali tratti degradati dei tracciati storici devono essere assoggettati ad azioni di ripristino.

5. I progetti relativi ad interventi di modifica di tratti stradali appartenenti a tracciati viari fondativi sono corredati da specifica documentazione di dettaglio sullo stato di fatto del tracciato (caratteristiche geometriche, materiali, sistemazioni circostanti, etc.) al fine ad evidenziare la coerenza della modifica proposta con il contesto di riferimento.

6. Eventuali e comprovate necessità di spostamento del tracciato potranno essere soddisfatte allorché sia possibile realizzare brevi tratti viari che integrino, senza cancellarli, i tracciati esistenti, secondo criteri di coerenza con il sistema dei segni (naturali e antropici) che costituiscono la tessitura territoriale storicizzata.

7. I tracciati storici saranno parte integrante e preminente della sentieristica attrezzata di cui all'art. 92 A tale scopo e al fine di costituire dei percorsi continui, il loro tracciato potrà essere integrato con viabilità di nuova realizzazione.

Art. 67 I PARCHI ED I GIARDINI STORICI

1. Sono riconosciuti quali invarianti strutturali del territorio i parchi e i giardini le cui sistemazioni sono frutto di un progetto organico, o comunque di azioni coerenti e consapevoli. Sono inoltre classificati come tali i giardini e gli spazi privati di pertinenza delle abitazioni del centro storico di Santa Fiora con affaccio verso la valle del fiume Fiora che rivestono un ruolo significativo nella salvaguardia dei caratteri storico-architettonico e paesaggistici dello stesso centro storico. Oltre al valore storico-documentale, molti complessi rivestono il ruolo di capisaldi del paesaggio, ad elevato grado di formalizzazione, nonché di strutture che organizzano il rapporto tra aspetti legati alle acque, alla modellazione del suolo, alla diversificazione botanica, costituendo complemento fondamentale di edifici o complessi edilizi di particolare pregio. I parchi storici ed i giardini storici sono individuati con apposito segno nelle tavole di livello C.

2. Sono oggetto di tutela:

  • - le recinzioni e gli accessi aventi rilevanza di memoria storica;
  • - le sistemazioni e la continuità con le ville ed i complessi edilizi in genere;
  • - gli assi visuali aventi origine nelle sistemazioni dei giardini;
  • - le sistemazioni planoaltimetriche e le relative opere;
  • - gli impianti arborei coerenti con il disegno originario;
  • - i percorsi e le sistemazioni al suolo;
  • - le opere e gli elementi decorativi.

3. Gli elementi di invarianza sono soggetti a tutela nella loro consistenza materiale e floristica, nonché a valorizzazione culturale del loro contenuto testimoniale, simbolico e d’uso. A tal fine i parchi storici e i giardini formali possono essere oggetto esclusivamente di interventi di manutenzione e di restauro, e non possono essere frazionati attraverso recinzioni o separazioni fisiche permanenti di qualsiasi natura. Devono conservare l’unitarietà formale storicizzata, mantenendo gli assetti vegetazionali, le opere di arredo, nonché gli elementi decorativi con essa coerenti.

4. Gli impianti arborei ed arbustivi, comprese eventuali formazioni a filare, devono essere conservati e completati mediante reintegro degli esemplari mancanti, morti o ammalorati, nel rispetto delle specie arboree e arbustive e delle sedi di impianto originarie. Tali impianti devono in ogni caso conservare i rapporti di continuità fisica e funzionale con gli edifici che ne costituiscono il principale riferimento storico.

5. All’interno dei parchi e dei giardini storici è vietata ogni nuova costruzione stabile di qualsiasi tipo

8. All’interno dei parchi e dei giardini storici è consentita, fermo restando il rispetto degli elementi di invarianza di cui al punto 2, la realizzazione di piccoli manufatti di servizio per sorveglianza o manutenzione del parco, delle dimensioni strettamente necessarie allo scopo e comunque privi di autonoma commerciabilità. Il rilascio e/o l’efficacia del titolo abilitativo è comunque subordinata alla sottoscrizione di apposito atto unilaterale d’obbligo, registrato e trascritto, a garanzia del mantenimento a tempo indeterminato della destinazione d’uso accessoria.

9. All’interno del Parco della Peschiera, è ammessa, a fini scientifici e per la conservazione della fauna ittica autoctona, l’allevamento e la riproduzione di specie salmonicole con l’utilizzo delle vasche e delle strutture esistenti di corredo, oltre la realizzazione di piccoli manufatti di cui al comma 8 necessari all’attività di produzione ittica e/o scientifica.

Art. 68 LE VISUALI DI PREGIO

1. Le visuali di pregio da tutelare sono individuate nelle tavole di Livello C, in conformità a quanto stabilito all'art. 46 del Piano Strutturale, attraverso tre elementi grafici: il punto panoramico, il cono visivo e un numero progressivo che identifica la vista da tutelare (fotografia scattata dal punto panoramico seguendo il cono visivo).

2. A partire da ciascun "punto panoramico", per un raggio lungo metri 70 ed un angolo di 90° calcolato nella direzione del "cono visivo" è istituita una zona di tutela della vista, riportata nelle tavole di Livello C, nella quale è vietato:

  • - realizzare nuovi edifici;
  • - ampliare quelli presenti nella misura maggiore di un 15% della S.U.L. esistente;
  • - realizzare opere di arredo urbano e/o privato (recinzioni, gazebo, piantumazioni, ecc..) nel caso in cui tali opere rechino pregiudizio alla visuale tutelata.

3. Nel caso in cui un intervento sia capace di generare delle trasformazioni significative all'interno della "vista" (quindi all'interno della "fotografia" che la rappresenta) occorre:

  • - che l'intervento sia realizzato con modalità e tecniche tali da integrarlo nel contesto (ad esempio: nel caso di un intervento edilizio usando tipologie edilizie e materiali tradizionali, nel caso di un intervento vegetazionale usando essenze locali, ecc.)
  • - che l'intervento, non potendo rispettare la prima condizione, sia realizzato in maniera da essere adeguatamente mimetizzato attraverso l'utilizzo di alberature, coloriture, movimenti terra, ecc.

4. Le fotografie rappresentative delle viste sono contenute nell'Allegato B "Le visuali di pregio"

Art. 69 SITI DI IMPORTANZA REGIONALE (S.I.R.)

1. Sono riconosciuti quali invarianti strutturali del territorio i seguenti siti individuati ai sensi della LR n° 56/2000:

  • - S.I.R. 117 – Cono vulcanico del Monte Amiata
  • - S.I.R. 118 – Monte Labbro e alta valle dell’Albegna
  • - S.I.R. 119 – Alto corso del fiume Fiora
  • - Z.P.S. Monte Labbro e Alta Valle dell'AlZ.gna Cod. Nat. IT51A0018)
  • - Z.P.S. Alto corso del fiume Fiora (Cod. Nat. IT51A0019)

2. Gli interventi previsti dal Regolamento Urbanistico e suscettibili di produrre effetti sugli habitat e le specie floro - faunistiche tutelate nei siti richiamati sono soggetti alla "Relazione di Incidenza" prevista dall'art. 15 della L.R. 56/2000, allegata e parte integrante del presente piano. I successivi atti di natura urbanistica e/o edilizia necessari all'attuazione di questi interventi dovranno essere corredati da una ulteriore Relazione di Incidenza che valuti nel dettaglio l'impatto sulle risorse naturali tutelate. I perimetri delle aree S.I.C. sono riportati alla Tav. U06 del P.S. e nelle tavole di Livello C del presente piano. Per la verifica delle tutele facenti capo a ciascun sito vedere l'art. 28 del P.S. e l'elaborato "Le Risorse del Territorio e ricognizione sul P.d.F. vigente" dello stesso P.S.

Art. 70 AMBITI A RIDOTTO POTENZIALE ANTROPICO (A.R.P.A)

1. Sono riconosciuti quali invarianti strutturali del territorio le aree (elencate sotto) che costituiscono emergenze paesaggistico- ambientali ai sensi dell’art. 19 e della Scheda n° 7c del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Grosseto. Sono riportate alla tav. U06 del Piano Strutturale e nelle tavole di Livello C del presente piano:

  • - A.R.P.A. GV22 Amiata;
  • - A.R.P.A. G23 Monte Labbro;
  • - A.R.P.A. GV27 Poggio della SS Trinità

2. In tali aree gli interventi di trasformazione dovranno:

  • - essere collegati alla fruizione dei beni e dei valori caratteristici e per lo svolgimento dell'attività agricola, secondo criteri di inserimento nel paesaggio e di uso di materiali e tecniche costruttive tradizionali (con esclusione di elementi strutturali prefabbricati in vista);
  • - non comportare eccessivi movimenti di terra;
  • - contenere la realizzazione di tratti viari di collegamento con le infrastrutture principali, mantenendovi comunque le caratteristiche dei tracciati poderali tipici ed evitando soluzioni impermeabilizzanti;
  • - essere progettati congiuntamente alle sistemazioni ambientali, specificando le specie arboree a fini segnaletici (sempreverdi quali pini, cipressi, etc.), utilitari (riparo da fattori climatici quali vento e sole, divisione di spazi, consolidamento di terreni) e ornamentali

3. Relativamente all'’ampliamento degli edifici esistenti, anche non agricoli, si dovranno rispettare i seguenti criteri:

  • - non superare in altezza la tipologia prevalente nell’area e porre attenzione ad ulteriori coperture impermeabilizzanti al suolo;
  • - riqualificare le eventuali superfetazioni, anche per strutture pertinenziali adeguate alla funzione.

4. All'interno delle A.R.P.A. sono vietati i seguenti interventi:

  • - previsione di nuove espansioni urbane ad eccezione delle zone destinate a parco urbano non attrezzato;
  • - realizzazione di: nuove infrastrutture a rete e puntuali di tipo primario o principale; nuove strutture ricettive, strutture di servizio, villaggi turistici, campeggi , impianti sportivi e per lo spettacolo e serre fisse; volumi interrati solo nelle zone umide; nuova viabilità; sistemazioni esterne di tipo impermeabile; palificate, antenne per ripetitori, piloni ed altri manufatti che alterino la morfologia dei luoghi;
  • - introduzione di: nuove sistemazioni esterne in aree prive di fabbricati; iscrizioni pubblicitarie; nuovi arredi vegetazionali estranei al contesto ambientale delle stesse A.R.P.A.;
  • - le Varianti Urbanistiche che non si riferiscono alla salvaguardia, al ripristino ed al recupero degli assetti paesistico ambientali;
  • - Alterazione di: crinali; elementi tipici delle sistemazioni agrarie e della struttura fondiaria; emergenze geomorfologiche, calanchi e biancane;
  • - Riduzione o trasformazione di: vegetazione delle scogliere;
  • - Riduzione delle zone umide e degli apporti acquiferi;
  • - Rimozione di: elementi di pareti rocciose, minerali cristallini, fossili affioranti;
  • - Eliminazione di: formazioni arboree di argine, ripa e golena; alberature segnaletiche di confine, di arredo e stradali;
  • - Attività e interventi di: scarico di materiali di riporto e di risulta da scavi; raccolta in superficie di ghiaia, sabbie e sassi; eliminazione di alberi caratteristici del paesaggio, siano essi isolati o a gruppi; imboschimento con specie non autoctone; utilizzazione differente dal rimboschimento o da colture foraggere

5. All'interno delle A.R.P.A. sono ammessi i seguenti interventi:

  • - riconoscimento situazioni di fatto non formalizzate negli S.U. vigenti e compatibili con l'assetto delle A.R.P.A.;
  • - applicazione dei contenuti del Titolo IV Capo III della L.R. 1/2005, secondo i criteri e i parametri del P.T.C. medesimo, solo per gli imprenditori agricoli;
  • - applicazione della legislazione regionale relativa all'agriturismo ad eccezione dell' "agricampeggio";
  • - installazione di segnaletica per la valorizzazione delle A.R.P.A. anche a servizio delle strutture agrituristiche, solo all'interno dei volumi appartenenti al patrimonio edilizio esistente;
  • - potenziamento, ammodernamento e ristrutturazione della viabilità comunale, provinciale e statale esistente compresi gli interventi di messa in sicurezza per la viabilità vicinale;
  • - adeguamento della segnaletica stradale e di informazione turistica lungo tutte le strade di cui alla precedente alinea;
  • - riuso del patrimonio edilizio esistente con cambio di destinazione d'uso per attività compatibili con le caratteristiche intrinseche dell'A.R.P.A.;
  • - realizzazione di sistemazioni esterne e strutture pertinenziali agli edifici esistenti, all'interno delle aree di pertinenza, da prevedersi nell'estremo rispetto degli aspetti paesaggistico ambientali tipici;
  • - ampliamento di edifici esistenti;
  • - costruzione di residenze rurali ed annessi per i soli imprenditori agricoli indispensabili alle attività agricole e connesse degli insediamenti agricoli a completamento di nuclei esistenti a conformazione chiusa;
  • - apertura di piste fuori strada per mezzi motorizzati necessari alle attività agro-silvopastorali o all’approvvigionamento di: rifugi, posti di soccorso, abitazioni non altrimenti raggiungibili, funzioni di vigilanza, spegnimento incendi, protezione civile;
  • - realizzazione di: infrastrutture per protezione civile e difesa idrogeologica, idraulica e del suolo; piste per prevenzione e spegnimento incendi; opere di cantiere funzionali all’attività archeologica; opere di servizio alle attività naturalistiche; strutture precarie di servizio, igienico-sanitarie, per l’informazione turistica e la gestione delle risorse naturalistiche.
  • - interventi necessari per le attività di ricerca, studio, ecc.., per fini ambientali, scientifici, culturali.

Art. 71 RISERVA NATURALE BOSCO DELLA S.S, TRINITÀ

1. È considerata invariante strutturale del territorio La Riserva Naturale del Bosco di S.S. Trinità, istituita su proposta della ex Comunità Montana Amiata Grossetana. Rientra fra i Biotopi di rilevante interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia censiti dal Gruppo di lavoro per la conservazione della natura della Società Botanica Italiana e dal Programma di Ricerca Territoriale sulle Aree Naturali da Proteggere eseguito dal C.N.R. e dal Ministero dei LL.PP.

2. Rientra nel S.I.C. 119 " Alto corso del Fiume Fiora". L'Abetina costituisce un nucleo relitto di Abete bianco, entità endemica dell'Appennino. All'interno è presente anche un Convento Francescano di notevole importanza storica.

3. Il perimetro della Riserva è riportato alla tav. U06 del Piano Strutturale e nelle tavole di Livello C del presente piano.

4. La Riserva è gestita dalla Provincia di Grosseto in applicazione del “Regolamento del Sistema delle Riserve Naturali della Provincia di Grosseto”.

Art. 71BIS BENI ARCHEOLOGICI

1. Sono da considerare invarianti anche i Beni di Interesse Archeologico che pur attualmente non censiti, né dagli S.U. comunali, né da altri atti di programmazione e gestione del territorio, potrebbe essere individuati da future campagne di scavo archeologico

Ultima modifica Giovedì, 29 Giugno, 2023 - 08:19