Norme Tecniche di Attuazione

Art. 67. Rischi territoriali e pericolosità

1.I rischi territoriali oggetto di rilevamento, analisi e rappresentazione sono quelli che vengono ritenuti significativi al fine di individuare la suscettibilità del territorio a essere interessato o caratterizzato da:

- condizioni e fenomeni di instabilità dei versanti, elementi caratterizzanti la pericolosità e il rischio geologico/geomorfologico;

- condizioni e fenomeni di amplificazione sismica, elementi caratterizzanti la pericolosità e il rischio sismico;

- condizioni di propensione alla esondazione e al ristagno, che definiscono la pericolosità e il rischio di alluvione;

- condizioni di vulnerabilità dei terreni all'inquinamento, per la definizione del rischio di inquinamento delle risorse idriche sotterranee finalizzato alla tutela della risorsa.

2.In ordine a tali rischi territoriali il Piano operativo ha adottato un criterio d'intervento mirato a ridurre gli interventi infrastrutturali e le trasformazioni territoriali di maggiore impatto nei casi in cui la loro fattibilità sia pesantemente condizionata dai rischi medesimi; negli altri casi si è teso comunque ad attenuare gli stati di pericolosità e a prevedere gli opportuni provvedimenti compensativi e di mitigazione e gestione del rischio.

3.Sulla base degli studi compiuti sui rischi territoriali sono stati definiti i livelli di pericolosità indicati nei successivi § del presente articolo.

4.Pericolosità geologica. Le Tavv. T.GEO.05 (NW,SW,NE, SE) (Carta della pericolosità geologica - suddivisa in n. 4 quadranti) del Piano Strutturale, come modificate ed aggiornate per il supporto al presente Piano Operativo (marzo 2020) definiscono le seguenti classi di pericolosità geologica:

Pericolosità geologica bassa (G1)

Sono in situazione di pericolosità geologica bassa le aree in cui i processi geomorfologici e le caratteristiche litologiche e di giacitura non costituiscono fattori predisponenti al verificarsi di processi morfo-evolutivi. Nelle situazioni caratterizzate da pericolosità geologica bassa possono non essere dettate condizioni di fattibilità dovute a limitazioni di carattere geomorfologico.

Pericolosità geologica media (G2)

Sono in situazione di pericolosità geologica media:

  • - le aree in cui sono presenti fenomeni franosi inattivi e stabilizzati (naturalmente o artificialmente);
  • - le aree con elementi geomorfologici, litologici e di giacitura dalla cui valutazione risulta una bassa propensione al dissesto;
  • - i corpi detritici su versanti con pendenze inferiori al 25%.

Pericolosità geologica elevata (G3)

Sono in situazione di pericolosità geologica elevata:

  • - le aree in cui sono presenti fenomeni quiescenti;
  • - le aree con potenziale instabilità connessa alla giacitura, alla acclività, alla litologia, alla presenza di acque superficiali e sotterranee, nonché a processi di degrado di carattere antropico;
  • - le aree interessate da intensi fenomeni erosivi e da subsidenza;
  • - le aree caratterizzate da terreni con scadenti caratteristiche geotecniche;
  • - i corpi detritici su versanti con pendenze superiori al 25%.

Pericolosità geologica molto elevata (G4)

Sono in situazione di pericolosità geologica molto elevata:

  • - le aree in cui sono presenti fenomeni attivi e relative aree di influenza;
  • - le aree interessate da soliflussi.

5.Il Piano di Bacino del Fiume Arno - stralcio Assetto Idrogeologico (PAI), consultabile sul sito istituzionale dell'Autorità di Bacino distrettuale dell'Appennino settentrionale (http://www.appenninosettentrionale.it/itc/?page_id=1305), individua le seguenti classi di pericolosità da dissesti di natura geomorfologica:

Aree con pericolosità moderata (P1)

  • Aree stabili con condizioni litologiche, strutturali e geomorfologiche aventi caratteri per lo più favorevoli alla stabilità con bassa propensione al dissesto.

Aree con pericolosità media (P2)

  • Aree stabilizzate, aree stabili interessate tuttavia da litologie e condizioni strutturali e geomorfologiche che determinano propensione media al dissesto e che possono dar luogo a modifica della loro condizione di stabilità;

Aree con pericolosità elevata (P3)

  • Aree potenzialmente instabili, suddivise in due sottoclassi:
    • (P3a) – aree non interessate da fenomeni di dissesto attivi ma in cui sono presenti indicatori geomorfologici diretti, quali aree interessate da instabilità in passato e/o segni precursori o premonitori di movimenti gravitativi, sulla base dei quali non è possibile escludere la riattivazione dei dissesti;
    • (P3b) - aree interessate da possibile instabilità di tipo gravitativo, erosivo e/o dovuta all’azione delle acque incanalate negli alvei naturali /artificiali o lungo le pendici, per effetto di condizioni geomorfologiche e fisiche sfavorevoli che determinano elevata propensione al dissesto.

Aree con pericolosità molto elevata (P4)

  • Aree instabili interessate da fenomeni di dissesto attivi di tipo gravitativo, erosivo delle acque incanalate negli alvei naturali /artificiali o lungo le pendici;

6.Pericolosità sismica. Le Tavv. G.05, G.06, G.07 e G.08 (Carte della pericolosità sismica per i centri urbani e per le localizzazioni con revisione in territorio rurale) allestite per il presente PO, sulla base di studi di Microzonazione sismica di livello 1 In parte redatti a seguito di OCDPC 171/2014) definiscono le seguenti classi di pericolosità sismica:

Pericolosità sismica locale bassa (S1)

Vi ricadono:

  • - zone stabili caratterizzate dalla presenza di litotipi assimilabili al substrato rigido in affioramento con morfologia pianeggiante o poco inclinata (pendii con inclinazione inferiore a 15 gradi), dove non si ritengono probabili fenomeni di amplificazione o instabilità indotta dalla sollecitazione sismica.

Pericolosità sismica locale media (S2)

Vi ricadono:

  • - zone stabili suscettibili di amplificazioni locali connessi con contrasti di impedenza sismica attesa oltre alcune decine di metri dal piano campagna e con frequenza fondamentale del terreno indicativamente inferiore a 1hz;
  • - zone stabili suscettibili di amplificazioni locali con fattore di amplificazione (Fx) < / = 1.4;
  • - zone stabili suscettibili di amplificazione topografica (pendii con inclinazione superiore a 15 gradi);
  • - zone stabili suscettibili di amplificazioni locali, non rientranti tra quelli previsti nelle classi di pericolosità sismica S.3;

Pericolosità sismica locale elevata (S3)

Vi ricadono:

  • - aree con terreni di fondazione particolarmente scadenti che possono dar luogo a cedimenti rilevanti;
  • - aree potenzialmente suscettibili di liquefazione dinamica, caratterizzate da terreni per i quali, sulla base delle informazioni disponibili, non è possibile escludere a priori il rischio di liquefazione;
  • - zone di contatto tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche significativamente diverse;
  • - zone stabili suscettibili di amplificazioni locali, connesse con un alto contrasto di impedenza sismica atteso entro alcune decine di metri dal piano di campagna;
  • - zone stabili suscettibili di amplificazioni locali con fattore di amplificazione (Fx) > 1.4;
  • - aree interessate da instabilità di versante quiescente, relative aree di evoluzione, nonchè aree potenzialmente franose, di seguito, denominate “APF”, e, come tali, suscettibili di riattivazione del movimento in occasione di eventi sismici;

Pericolosità sismica locale molto elevata (S4)

Vi ricadono:

  • - aree interessate da deformazioni legate alla presenza di faglie attive e capaci, in grado di creare deformazione in superficie;
  • - terreni suscettibili di liquefazione dinamica accertati mediante indagini geognostiche oppure notizie storiche o studi preesistenti;
  • - aree interessate da instabilità di versante attive e relativa area di evoluzione, tali da subire un'accentuazione del movimento in occasione di eventi sismici.

7.Pericolosità idraulica. La pericolosità idraulica è definita dal Piano di gestione del rischio alluvioni (PGRA) U.o.M. Arno, consultabile sul sito istituzionale dell'Autorità di Bacino distrettuale dell'Appennino settentrionale (http://www.appenninosettentrionale.it/itc/?page_id=55), e da studi idraulici di dettaglio compiuti con le modalità previste dal Regolamento regionale 25 ottobre 2011, n. 53/R (Regolamento di attuazione dell'art. 62 della L.R. n. 1/2005 in materia di indagini geologiche) nell'ambito di formazione del Piano strutturale aggiornati ed adeguati per il presente Piano Operativo (vedi tavv. T.07a/b - Carta della pericolosità idraulica ex Reg. Reg. n. 53/R - marzo 2020). Per un'agevole comprensione si riporta una tabella che permette di comprendere le relazioni tra le classi di pericolosità idraulica variamente definite dai vari provvedimenti in materia:

Tempo di ritorno53RPGRAL.R. 41/2018
TR < 30 anniI4 / molto elevataP3 / elevataAlluvioni frequenti
30 ≤ TR < 200anniI3 / elevataP2 / media Alluvioni poco frequenti
200 ≤ TR < 500anniI2 / mediaP1 / bassa
Senza tempo di ritornoI1 / bassa

Le Tavv. T.07a/b - Carta della pericolosità idraulica ex Reg. Reg. n. 53/R del presente Piano Operativo definiscono le seguenti classi di pericolosità idraulica:

Pericolosità idraulica bassa (I1)

Sono in situazione di pericolosità idraulica bassa (I1) le aree collinari o montane prossime ai corsi d'acqua per le quali ricorrono le seguenti condizioni:

non vi sono notizie storiche di inondazioni;

sono in situazioni favorevoli di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori a ml 2,00 rispetto al piede esterno dell'argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

Pericolosità idraulica media (I2)

Sono in situazione di pericolosità idraulica media (I2) le aree interessate da allagamenti per eventi con tempo di ritorno (Tr) compreso tra 200 e 500 anni (200 < Tr ≤ 500 anni).

Nelle aree non oggetto di modellazione (per l'assenza di previsioni insediative e infrastrutturali rientrano in classe di pericolosità idraulica media (I2) le aree di fondovalle per le quali ricorrano le seguenti condizioni:

non vi sono notizie storiche di inondazioni;

sono in situazione di alto morfologico rispetto alla piana alluvionale adiacente, di norma a quote altimetriche superiori a ml 2,00 rispetto al piede esterno dell'argine o, in mancanza, al ciglio di sponda.

Le aree in situazione di pericolosità idraulica media (I2) corrispondono, per quanto riguarda la disciplina, alle "aree con pericolosità da alluvione bassa" (P1) individuate dal vigente PGRA.

Pericolosità idraulica elevata (I3) corrisponde a pericolosità per alluvioni poco frequenti di cui alla L.R. n. 41/2018

Sono in situazione di pericolosità idraulica elevata (I3) le aree interessate da allagamenti per eventi con tempo di ritorno (Tr) compreso tra 30 e 200 anni (30 < Tr ≤ 200 anni).

Nelle aree non oggetto di modellazione (per l'assenza di previsioni insediative e infrastrutturali rientrano in classe di pericolosità elevata (I3) le aree di fondovalle per le quali ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

vi sono notizie storiche di inondazioni;

sono morfologicamente in condizione sfavorevole, di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a ml 2,00 sopra il piede esterno dell'argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

Le aree in situazione di pericolosità idraulica elevata (I3) corrispondono, per quanto riguarda la disciplina, alle "aree con pericolosità da alluvione media" (P2) individuate dal vigente PGRA ovvero alle "aree a pericolosità per alluvioni poco frequenti" disciplinate dalla L.R. 41/2018.

Pericolosità idraulica molto elevata (I.4) corrisponde a pericolosità per alluvioni frequenti di cui alla L.R. n. 41/2018

Sono in situazione di pericolosità idraulica molto elevata (I4) le aree interessate da allagamenti per eventi con tempo di ritorno (Tr) pari o inferiore a 30 anni (Tr ≤ 30 anni)

Nelle aree non oggetto di modellazione (per l'assenza di previsioni insediative e infrastrutturali rientrano in classe di pericolosità molto elevata (I4) le aree di fondovalle non protette da opere idrauliche per le quali ricorrano contestualmente le seguenti condizioni:

vi sono notizie storiche di inondazioni;

sono morfologicamente in situazione sfavorevole, di norma a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a ml 2,00 sopra il piede esterno dell'argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda.

Le aree in situazione di pericolosità idraulica molto elevata (I4) corrispondono, per quanto riguarda la disciplina, alle "aree con pericolosità da alluvione elevata" (P3) individuate dal vigente PGRA ovvero alle "aree a pericolosità per alluvioni frequenti" disciplinate dalla L.R. 41/2018.

8.Magnitudo idraulica. Sulle Tavv. T.09 a/b (Magnitudo ai sensi della L.R. 41/2018) allestite per il presente Piano Operativo è inoltre definita la magnitudo idraulica secondo le seguenti definizioni:

Magnitudo moderata (M1)

Interessa le aree con valori di battente (riferiti a scenari per alluvioni poco frequenti ovvero 30 ≤ TR < 200 anni) inferiore o uguale a 0,5 metri e velocità inferiore o uguale a 1 metro per secondo (m/s). Nei casi in cui la velocità non sia determinata, battente uguale o inferiore a 0,3 metri.

Magnitudo severa (M2)

Interessa le aree con valori di battente t(riferiti a scenari per alluvioni poco frequenti ovvero 30 ≤ TR < 200 anni) superiore a 0,5 metri e inferiore o uguale a 1 metro e velocità inferiore o uguale a 1 metro per secondo (m/s). Nei casi in cui la velocità non sia determinata, battente superiore a 0,30 metri e inferiore o uguale a 0,5 metri.

Magnitudo molto severa (M3)

Interessa le aree con valori di battente inferiore o uguale a 0,5 metri e velocità superiore a 1 metro per secondo (m/s) oppure battente superiore a 0,5 metri e inferiore o uguale a 1 metro e velocità inferiore o uguale a 1 metro per secondo (m/s). Nei casi in cui la velocità non sia determinata, battente superiore a 0,3 metri e inferiore o uguale a 0,5 metri.

Schema delle magnitudo

9.Vulnerabilità degli acquiferi.

Vulnerabilità bassa (B)

È attribuita alle aree nelle quali ricorrono almeno una delle seguenti condizioni:

Acquiferi di limitata produttività (acquitardi) presenti in complessi arenacei e calcarei con frequenti strati marnosi e argillitici, con modesta circolazione idrica

Sedimenti a grana fine praticamente privi di circolazione idrica sotterranea; complessi marnosi e argillitici praticamente privi di circolazione idrica.

In tali aree nel caso di eventuale inquinante sversato in superficie (di origine civile o agricola) può verificarsi che lo stesse venga idroveicolato verso terreni più vulnerabili mediante il ruscellamento superficiale.

Vulnerabilità media (M)

È attribuita alle aree nelle quali ricorrono almeno una delle seguenti condizioni:

Presenza di sabbie e ciottolami con interposti livelli limosi, generalmente con copertura poco permeabile; arenarie fratturate con rete idrica di solito a media profondità; calcari marnosi e marne interessati da modesta circolazione idrica nella rete delle fratture; arenarie e siltiti quarzose con livelli argillosi intercalati che danno origine a più falde;

Calcari interessati da modesta circolazione idrica nella rete delle fratture e falde presenti in materiali con granulometria da sabbie prevalenti ad argilla, di modesta importanza con protezione di materiali fini.

In tali aree un eventuale inquinante sversato in superficie può raggiungere la rete idrica sotterranea e inquinare le falde in un intervallo di tempo piuttosto lungo, tale da permettere interventi atti ad attenuarne gli effetti negativi.

Vulnerabilità alta (A)

È attribuita alle aree nelle quali sono presenti falde libere in materiali a granulometria eterogenea con scarsa protezione o in materiali detritici di modesta continuità areale.

In tali aree un eventuale inquinante sversato in superficie può raggiungere la falda sotterranea in un intervallo di tempo piuttosto breve, tale da non permettere interventi atti ad attenuarne gli effetti negativi.

Vulnerabilità elevata (E)

È attribuita alle aree nelle quali sono presenti gli acquiferi liberi in materiali alluvionali a granulometria da grossolana a media (alluvioni recenti) senza o con scarsa protezione.

In tali aree un eventuale inquinante sversato in superficie può contaminare direttamente la falda idrica ed i pozzi di attingimento anche per areali molto estesi.

Zona di tutela assoluta dei punti di captazione idrica a uso acquedottistico

Sono le aree di raggio pari a ml 10 immediatamente circostanti i punti di captazione o derivazione.

Zona di rispetto dei punti di captazione idrica a uso acquedottistico

Includono le zone di tutela assoluta e sono costituite dalle aree di raggio pari a ml 200 intorno ai punti di captazione o derivazione.

Ultima modifica Mercoledì, 13 Settembre, 2023 - 16:51